Una vita che non diventa cultura è destinata a sparire

Pubblicato su Un popolo in cammino -settembre 1987

Dio “ci ha data la capacità di essere ministri di una nuova alleanza; non di quella della lettera, ma di quella dello Spirito, perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita……  Avendo tale speranza, dunque, noi ci comportiamo con molta audacia…..”. (2° Cor. 3,6.12)

Questa audacia creativa, alla luce della Rivelazione divina, è anche il fondamento autentico per creare una vita e una cultura cristiana.

Infatti “l’edificazione della vita” non significa, forse, creare una cultura?   Lo sforzo creativo dell’anima è sempre la creazione del nuovo, che prima non esisteva: nuove forme, nuovo linguaggio, nuovi rapporti. Per questo motivo ogni cultura è Rivelazione incarnata, rivelazione su Dio e sull’uomo, rivelazione sul mondo e sulla vita.

Rivelazione su Dio e sull’uomo, sulla vita che si manifesta nella storia, si rivela a Dio e a se stesso non solamente nella propria devozione e santità, ma anche nella propria disperazione e solitudine, nel peccato e nell’impotenza, nel proprio peregrinare lontano dalla Casa del Padre e nella nostalgia che ne ha.

Tutta la nostra civiltà è penetrata da questa esperienza della realtà della paura e della morte, e, allo stesso tempo, dalla illusorietà della vita. Per questo è proprio qui, in questo modo che tende irreparabilmente a realizzare l’uomo e i suoi sforzi e a tuffarlo nell’ansia, nella disperazione e nella morte, è proprio qui che il Cristianesimo è chiamato a manifestare la sua Rivelazione sull’essere, la Realtà e la Vita, sulla fonte autentica dell’esistenza e della creazione.

Ma per fare questo il Cristianesimo deve farsi più coraggioso e creativo, interiormente libero e audace.

Il nostro appello alla creatività non deve essere inteso come un attentato alla santità della tradizione o come un invito a rinnegare l’eredità spirituale. Senza fedeltà alla tradizione il cristianesimo non è integrale, gli manca la prospettiva storica.  Il fondamento del cristianesimo non deve essere rinnegato, ma confermato nella nuova esperienza di una vita e cultura integrale. Questo non vuol dire nemmeno che la storia maestra dell’attività ascetica deve essere abbandonata. Tutt’altro! Significa, invece, che all’essere di una ideologia religiosa, il cristianesimo, deve contrapporre l’essere nella realtà Divino-Umana. Solo qui si può attingere la vera libertà e oggi questa libertà deve essere difesa sia dal mondo senza Dio che dall’oscurantismo religioso. Però non bisogna difenderla per il predominio di qualche nuova forma, ma in nome della vocazione superiore dell’uomo.

“La Chiesa ringiovanisce perennemente”.

Queste parole di S. Giovanni Crisostomo vanno riferite anche al problema del destino della cultura cristiana. A dire il vero questa affermazione a molti potrà sembrare paradosso ottimistico: la giovinezza presuppone la salute, l’entusiasmo, forza inesauribile e sete creativa.

C’è tutto questo, oggi, nei cristiani? C’è tutto questo, oggi in noi a Jerago? Ed esiste, a parte la vita del culto, qualcosa che si possa chiamare “cultura cristiana”?

O non hanno ragione i vecchi oppositori quando dicono che un cristiano può essere filosofo, artista, economista, calzolaio, ma non ci sono una “filosofia cristiana”, un’ “arte cristiana”, una “economia cristiana”, così come non si è mai vista una “calzoleria cristiana”?

Naturalmente, dopo gli insuccessi storici di “sinfonie” e “sintesi”  Stato-Chiesa, dopo il disgregamento della coscienza cristiana integrale, dopo l’esperienza di una vita frantumata, il cristianesimo contemporaneo fatica a non cadere nel sospetto e nello scetticismo.

Sempre più spesso riflette sul termine ultimo della storia ricordando l’amaro interrogativo di Cristo: “il Figlio dell’uomo, ritornando, troverà pace sulla terra?”. Con quanta angoscia la ripetiamo oggi in noi  stessi, nel nostro mondo?

Certo, motivi psicologici per lo scetticismo dei cristiani ve ne sono, ma il Vangelo non ci permette di “uscire dalla storia”. Noi non sappiamo del tempo e del momento, ma crediamo che “le porte dell’inferno” non prevarranno sulla Chiesa. Sappiamo anche che tutto ciò che Dio ha creato, e del quale ha detto “questo è bene”, appartiene all’essere immortale. Ma il mondo è caduto; assieme al frumento cresce rigogliosa anche la zizzania. Corruzione e vita si accompagnano.

Tuttavia nel terreno di questo mondo è radicato l’inizio della NUOVA VITA, germoglio del regno di Dio, la Parola di Dio che senza fine cresce e si diffonde.

Il suo grano “non è di questo mondo” perché è nato in grembo dell’amore sacrificale di Dio per l’uomo e per il mondo. Ma, giungendo fino a noi dalla realtà trascendentale, esso germoglia nella storia, nel cuore umano, vive “interiormente a noi”.

Il Vangelo del regno di Dio richiama l’uomo alla lotta ed alla creatività, ad una trasfigurazione efficace di tutto ciò che nel  mondo “sospira e geme”, di ciò che attende la liberazione e la luce, di Cristo.

E questo richiamo, che spazza via l’obbedienza servile e la paura, ci è rivolto nella rivelazione della nostra filiazione divina, nella nostra partecipazione all’unico organismo Divino-Umano, eternamente giovane. Qui non c’è nessuna contrapposizione da “esteriore” ad “interiore”, da sottomissione e libertà, ma, anzi, una loro fusione, il movimento di due impulsi volitivi la discesa di Dio verso l’uomo e l’elevazione umana verso Dio.

Esattamente questo dice la nostra continua preghiera: “venga il Tuo Regno, sia fatta la Tua volontà come in cielo così in terra…..”.

Il cristiano vive in questo mondo sotto il segno del Golgota: continua crocifissione, disprezzo e sacrificio. La croce vince il mondo, ma lo vince innanzitutto amandolo attivamente, con spirito di sacrificio e con passione. Dimenticarsene sulle vette dei “successi” esteriori, porta frequentemente a enormi fiaschi e fallimenti.

L’attuale crisi del cristianesimo e della cultura religiosa è in gran parte determinata dal torpore generato dal fatto che guardiamo nostalgicamente al passato, ai successi di un tempo che non è il nostro oggi.

La cultura laicista non sopporta una presenza diversa da sé.

La paura del diverso diventa tentativo di uccidere la presenza di Cristo nella società.

Scuola e insegnamento religioso.

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