
La tradizione antica ci indica la prospettiva esatta, Giovanni era autentico profeta, l’ultimo ed il più grande dei profeti. Non basta questo alla sua grandezza?
Secondo la fonte dei Vangeli il Battista, prigioniero, fece chiedere dai suoi discepoli a Gesù se era Lui o se era un altro “colui che doveva venire” , il giudice finale da lui stesso annunciato. Con le parole tratte dalla profezia di salvezza di Isaia, Gesù rimanda i messaggeri a ciò che essi vedono e sentono presso di Lui, al suo annuncio presente nel Regno di Dio che sta iniziando nella parola e nell’azione salvifica, la sua parola si chiude con la beatitudine tanto gravemente ammonitrice quanto consolantemente promettente: “Beato colui che non si scandalizza di me” (Mt. 11, 2-6).
Certamente non cade alcuna perla della corona del Battista se egli, durante la sua prigionia, sente parlare delle opere di Gesù e gli pone una precisa domanda.
Si pensò abbastanza a lungo di dover spiegare la cosa nel senso che il Battista pose solo una domanda apparente, una domanda “pedagogica”, non per rafforzare la propria fede, ma per cancellare nei suoi discepoli ogni dubbio sulla messianicità di Gesù. Sarebbe certamente troppo pensare che Giovanni aveva perso la fiducia in Gesù e fosse, così, privato della salvezza del regno di Dio. Ma il Battista poteva benissimo, come innanzitutto conferma in modo incontroversibile l’ammonimento finale, fare la domanda citata e farsi dare una indicazione per comprendere l’azione presente in Gesù, per imparare a capirla e a crederla come compimento della profezia. Egli non perde nulla della sua grandezza se, a differenza dello stesso Gesù, non era niente più che un profeta, e si dimostrava vero profeta proprio con la sua visione imperfetta e limitata dalle cose.
Stando ancora del tutto sul terreno della profezia del vecchio testamento, egli non distingue ancora una prima e seconda venuta del Messia, egli vede insieme l’effusione dello Spirito ed il giudizio, e ancora non sa che il Messia deve proclamare solo l’ora della Grazia di Dio, deve manifestarsi come Salvatore dell’umanità sofferente e peccatrice prima di comparire potente per giudicare, e prima che sia giunta la fine di tutti i mali e le ingiustizie di questo mondo.
Proprio in questa domanda, vera, nata da una esigenza intensa del Battista, ed essa è l’unico e ultimo atto che i Vangeli ci narrano del profeta fedele fino alla morte, non brilla, forse, un significato paradigmatico, che dice tanto, della sua storia commovente ed edificante?
Anche il precursore profetico del Messia, tanto esaltato, deve fare i conti con se stesso, deve rendersi consapevole che il “Venuto” è diverso da quello che egli aspettava e che la sua azione salvifica inizia differentemente da quelle che erano le sue aspettative. Anche per il profeta che prepara la strada del Signore c’è solo una via di salvezza personale: quella della fede nell’ultima rivelazione di Dio iniziata in Gesù di Nazareth.
Don Angelo
