
Pubblicato su Un popolo in Cammino – Novembre 1995
22 novembre
SANTA CECILIA
Il nome Cecilia rivela l’appartenenza della Santa alla aristocrazia romana. Intorno alla metà del III secolo d.C., la famiglia dei Cecili sparisce: restano solo dei Caeciliani imparentati con loro. Al tempo della Repubblica e fino al V secolo dopo Cristo, la famiglia dei Caeciliani costruì le sue tombe lungo la via Appia dove si trova anche la primitiva tomba di Santa Cecilia. Nel III secolo Papa Callisto, uomo d’azione ed eccellente amministratore fece seppellire il suo predecessore Zefirino accanto alla sala funeraria dei Caecilii. In seguito egli aprì una cripta nella quale furono deposti tutti gli altri Papi del III secolo tranne lui stesso. Egli morì assassinato durante una sommossa in Trastevere, quartiere di commercianti popolato dai giudei e ben presto da cristiani. Questo quartiere nel III secolo ebbe le chiese luoghi scelti molto bene: al margine della via Portuensis, la chiesa posta sotto il nome di Cecilia e che questa estate abbiamo visitato; luogo in via Antiqua quelle intitolare a Callisto e Crisogono.
Secondo l’uso del III secolo, le chiese dovevano portare il nome del responsabile della loro edificazione, il fondatore del “titulus”.
L’associazione di Cecilia e di Callisto nel cimitero della via Appia ed in Trastevere non sembra dovuto al caso: Cecilia fu una ricca e generosa benefattrice che aiutò Papa Callisto ad organizzare le prime parrocchie di Roma. Se Cecilia fosse stata sposata la chiesa avrebbe portato il nome di suo marito; si può, perciò, ipotizzare che Cecilia fosse nubile.
Due secoli dopo la fine delle grandi persecuzioni, si guardava con atteggiamento romantico a quei tempi gloriosi. L’autore della “passione” narra che Papa Urbano si nascondeva nelle catacombe, già avvolto da un alone di leggenda. Per lui, una persona da venerare era un martire, ancora di più di una benefattrice fondatrice di chiese. Per queste ragioni egli attribuì il titolo a Cecilia, malgrado il fatto che nessuna testimonianza del IV secolo la menzionasse tra i numerosi Martiri di Roma.
L’autore della “passione di Santa cecilia”.
Solo una lettura appena attenta permette di intuire la personalità del suo autore. Egli cita ampiamente la Bibbia e con molta probabilità si tratta di un chierico, perché fa spesso riferimento ai teologi. Per spiegare il mistero della Trinità a Tribuzio, Cecilia ricorre a citazioni tratte dal “De Trinitate “di Sant’Agostino e nel corso dell’interrogatorio scambia con Almachio battute tratte dall’ ”Apologeticum “di Tertulliano. Quanto all’episodio del rifiuto del matrimonio, è stato ripreso alla lettera dalla “storia della persecuzione vandalica” di Vittorio Vescovo di Vita. Da questi indizi si può concludere che l’autore, un chierico di origine africana rifugiatosi a Roma, compose la sua opera dopo Vittore di Vita, cioè successivamente al 488, utilizzando come fonti soltanto scritti di autori africani.
Il racconto del matrimonio di Cecilia.
L’episodio non è privo di verosimiglianza storica: in una società in cui i genitori avevano un autorità assoluta, i figli dovevano sottomettersi ai progetti di matrimonio stabiliti senza loro consenso; addirittura spesso la camera nuziale era il primo posto dove essi potevano intrattenersi liberamente.
E’ sicuramente accaduto molte volte che i giovani desiderosi di conservare la loro verginità potessero farlo solo simulando il matrimonio.
Questa avventura bella ed edificante, che ha sempre affascinato, è da considerare certamente un fatto vero della vita di Cecilia. Nello stesso modo vanno ritenuti veri: le numerose conversioni-l’istruzione dei catecumeni-il battesimo dato dal papa- la trasformazione della casa in chiesa-le interminabili discussioni con il giudice- l’esecuzione della condanna della Martire in casa sua- il seppellimento dei martiri.
Riguardo poi, al cimitero di Callisto occorre dire che la cripta dei Papi eclissò ben presto la memoria della cripta dei Cecilii che era vicina. Nessuno pensava che i Cecilii fossero dei primi occupanti e che, all’epoca della sepoltura di Santa Cecilia, solo Papa Zefirino (morto nel 297) fosse stato sepolto vicino.
Perciò l’autore della “passione” ha potuto dire che Cecilia ha avuto l’onore di essere sepolta accanto ai papi e non pensò nemmeno di ricordare quel Papa che fu in relazione con Cecilia, cioè Callisto che non è stato sepolto nel cimitero che porta il suo nome.
L’autore della “passione” diede per compagni di Cecilia quei Martiri i cui nomi leggeva nelle vicinanze della sua tomba: Tiburzio, Valeriano e Massimo.
Allora si può concludere che la “passione di Santa Cecilia ” è un romanzo storico. L’ autore inizia dicendosi stupito del fatto che pur vedendo gli uomini illustri ricoperti di elogi, non ci si vergogni di lasciar cadere nella dimenticanza le imprese vittoriose dei soldati di Cristo. Tuttavia questi racconti producono molti effetti positivi: si loda Dio, si edificano gli ascoltatori, si infonde tristezza negli infedeli, si dà una norma agli indisciplinati ed a tutti i santi Gioia col Cristo. Solo il diavolo, sconfitto geme. I nemici credono di riportare vittorie sui santi di Dio uccidendoli, ma sono questi a trionfare. In virtù delle loro sofferenze i martiri ottengono la gloria eterna come tutti quelli che hanno seguito l’esempio di Cristo. Essi hanno vista esaudita la loro preghiera: “Padre Io voglio che, là dove sono io, siano anche loro”. ( GV 17,24 ).
Matrimonio di Cecilia e conversione di Valeriano.
Cecilia conservava sempre il Vangelo di Cristo, che teneva nascosto sempre sul suo petto e non cessava mai di conversare con Gesù pregando giorno e notte. Sulla sua carne indossava un cilicio (una catena di ferro piena di punte che si conficcavano nella carne ad ogni movimento dei muscoli ) nascosto dagli abiti in tessuti d’oro. Tuttavia, a causa dei genitori e del suo promesso sposo Valeriano, non poteva rivelare a nessuno che il suo cuore apparteneva a Cristo.
Venne il giorno delle nozze: “… mentre gli strumenti musicali risuonavano, Cecilia nell’intimo del suo cuore, cantava inni solo per il suo Signore: “Che il mio cuore ed il mio corpo restino immacolati perché io non sia confusa “.
Pregava il Cristo, gli angeli, gli apostoli e tutti i Santi di vegliare sulla sua verginità. Quando venne la notte in cui si trovò sola nella sua camera con Valeriano, gli disse di dovergli rivelare un segreto. Egli gli rispose che non vedeva la necessità di venirne a conoscenza, ma Cecilia continuò a parlare: “un angelo di Dio mi ama e custodisce gelosamente il mio corpo: se si accorge che tu ti accosti a me con amore impuro ti perseguiterà con la sua collera e tu perderai il fiore della tua giovinezza. Se, al contrario, sa che tu mi ami di un amore sincero e puro, e conservi la mia verginità intatta, senza contaminare, ti amerà dello stesso amore di cui ama me”.
Preso dal timore Valeriano gridò: “Se tu vuoi che io creda alla tua parola, mostrami questo angelo e, se avrò la prova che si tratta di un angelo di Dio, farò ciò che tu chiedi. Ma se tu ami un altro uomo io ucciderò te e lui con la mia spada”.
Cecilia gli promise che avrebbe visto l’angelo se avesse consentito di farsi purificare. “Da chi”? chiese Valeriano. Cecilia gli disse: “va alla via Appia, al terzo miglio. Là troverai dei poveri che chiedono l’elemosina ai passanti. Chiederai loro, a nome mio, di condurti In presenza del vecchio Urbano. Egli ti purificherà, ti rivestirà di veste bianca; con questa tornerai in questa camera ed allora vedrai il mio angelo “.
Valeriano fece come ella aveva detto, trovò Urbano che aveva già confessato il Cristo per due volte e si nascondeva tra le tombe, e gli narrò ciò che Cecilia aveva fatto.
Grande fu la gioia di Urbano all’udire quel racconto: si prostrò in ginocchio e piangendo pregò: “Signore Gesù Cristo, tu che semini casti desideri, accogli i semi che seminasti in Cecilia, Signore Gesù, Buon Pastore, la tua serva Cecilia ti ha servito come un’ape capace di persuadere, poiché lo sposo, che lei ha ricevuto come un leone ruggente e feroce, lo ha condotto a te come un agnello mansueto “.
Allora apparve un vecchio vestito di vesti bianche come la neve, con in mano un’iscrizione a lettere d’oro. Valeriano, atterrito, cadde a terra come morto. Il vecchio lo aiutò ad alzarsi e gli fece lì leggere l’iscrizione: “Un solo Dio, una sola Fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, al di sopra di tutto e in tutti noi”.
Gli chiese se credeva a Valeriano e Valeriano rispose: “Sotto il cielo non si potrebbe credere in nulla di più vero”.
Il vecchio scomparve. Urbano battezzò il convertito e lo rimandò a Cecilia. Quando Valeriano tornò, trovò la sua sposa nella sua camera, immersa nella preghiera. Al suo fianco un angelo del Signore teneva in mano due corone di rose e di gigli. Ne diede una Valeriano ed una Cecilia dicendo loro che solo chi avesse amato la castità avrebbe potuto vederlo.
Martirio di Cecilia
Almachio ordinò di condurre Cecilia in sua presenza per interrogarla:
Come ti chiami?-Cecilia
Qual è la tua condizione?-Sono una donna libera nobile, di famiglia illustre.
Qual è la tua religione? – Il tuo interrogativo incomincia a farsi dissennato: tu pensi di avere due risposte ad una sola domanda.
Da dove ti viene il coraggio di rispondere così? – Da una buona coscienza e da una fede sincera.
Non conosci il mio potere? – Sei tu a non conoscerlo. Interrogami al proposito ed io te ne parlerò.
Dì quello che sai. -Ogni potere umano è come un oltre gonfiato d’aria: basta un ago per fargli perdere il suo turgore.
Tu non fai altro che insultare. -Non c’è insulto dove non c’è menzogna. Dimostrami che ho mentito, oppure ritratta la tua calunnia.
Almachio le ingiunse di sacrificare agli idoli o di rinnegare la sua fede, ma Cecilia rispose facendosi gioco della legislazione contro i cristiani, facendo notare al giudice che il suo pretesto diritto di vita o di morte non era altro che una possibilità di uccidere, ma non di risuscitare e terminò di parlare burlandosi degli idoli e della loro impotenza. In preda al furore Al Machio ordinò di bruciarla nella sua sala da bagno. Dopo un giorno ed una notte il fuoco l’aveva molestata così poco che Cecilia non era neppure sudata. Avvertito di questo Almachio invitò una guardia a decapitarla: egli la colpì tre volte senza riuscire a tagliarle la testa. Cecilia agonizzò per tre giorni. Quelli che lei aveva convertiti andarono ad intingere dei lini nel suo sangue mentre Cecilia non desisteva dal fortificarli nella fede. Li raccomandò a Papa Urbano dicendo: “Ho chiesto una dilazione di tre giorni per donare alla tua beatitudine i miei beni e per consacrare la mia casa come chiesa.”
Urbano con i suoi diaconi prese il suo corpo di notte, lo seppellì tra i suoi colleghi, Vescovi, là dove sono i corpi dei confessori e dei Martiri e fece della casa di Cecilia una chiesa.
Don Angelo
