Pubblicato su Un popolo in cammino
Dal 18 al 25 gennaio (festa della conversione di San Paolo) ogni anno, tutti siamo invitati a pregare in modo particolare per un problema che la Chiesa vive fin dal suo nascere e che motivi storici, e non sempre oggettivi, hanno accentuato lungo i secoli.
Certamente è stata la spiccata sensibilità di un protestante d’America ad ideare questo ottavario di preghiera per sensibilizzare le coscienze di ogni “fedele” al problema dell’unità.
La Chiesa fondata da Cristo ha avuto fin dall’inizio delle divisioni. Già S. Paolo rimproverava quei cristiani che si definivano “Io sono di Apollo, io di Cefa, io di Paolo”.
Lui stesso ha avuto un ruolo importante nel testimoniare l’unità, la comunione, quando andò a Gerusalemme a confrontarsi con Pietro e Giacomo. Anche se operava fra i “gentili” non agiva a nome suo personale ed era importante che tutti capissero questo. Anche i dissensi con Pietro e Barnaba non lo hanno messo in atteggiamento di divisione, ma con l’uno, (Pietro) sono serviti a far si che questi non si chiudesse al solo modo giudaico e con l’altro (Barnaba) sono serviti a prendere autonomamente zone diverse di lavoro per non ostacolarsi.
D qualche anno a questa parte, la Chiesa sta vivendo l’ansia ecumenica, la preoccupazione cioè di presentarsi al mondo unita come Cristo l’ha voluta.
Gesù stesso ha pregato per l’unità e desidera che i “tralci” restino uniti alla “vite” per portare frutto.
Anche se sono stati compiuti molti gesti di avvicinamento, eliminando ostacoli di vario genere, ma sempre salvaguardando la verità, resta pur sempre l’azione di Dio la cosa più importante.
L’ottavario di preghiera ci deve vedere quindi tutti impegnati a implorare dal Signore che si possa veramente un giorno vedere la Chiesa “sposa di Cristo senza ruga e senza macchia” presentarsi al mondo testimone efficace dell’amore di Dio.
E noi che cosa centriamo?
Noi siamo parte di questa Chiesa e grazie al Battesimo siamo figli di Dio. Come tali non possiamo sottrarci al dovere di preoccuparci della Chiesa, nostra madre per la fede.
La sofferenza di lacerazioni, divisioni, deve essere la nostra. Questo ci impegna ad eliminare le divisioni tra noi, preoccupandoci di lavorare per il Regno di Dio, di testimoniare il Suo Amore, anche se non lo facciamo tutti allo stesso modo. Ciò che conta è rispettarci nelle diversità presentandoci uniti perché sia Cristo a trionfare. Quando la nostra Comunità Parrocchiale si presenterà e sarà realmente unita diventerà punto di coesione per altri formando comunione di intenti e divenendo stimolo per tanti a vivere in prima persona il loro battesimo. Senza volerlo ci sentiamo missionari, cioè testimoni di quanto Cristo ci ha annunciato con la vita e la parola.
Padre Eugenio
