
Pubblicato su Un popolo in cammino -marzo 1991
La quaresima di quest’anno 1991 prende l’avvio in un clima di tensioni e contrasti che mettono a dura prova non solo l’equilibrio socio-culturale del mondo, ma anche quello psicologico di ogni individuo. Proteste di pace e guerra di fatto hanno già rotto l’equilibrio mondiale del potere politico, economico, militare. Su orizzonti impensati di libertà e di collaborazione incombono già nubi oscure e minacciose. Ancora una volta l’uomo comune, l’uomo che paga di tasca propria – e anche con la propria vita! – gli errori e le ambizioni altrui, si chiede: “Perché tutto questo? Perché non possiamo assicurare ai nostri figli una pace che abbiamo pagato solo pochi anni fa ad un altissimo prezzo?”
Tra le memoria di un soldato italiano scampato alla sacca del Don, leggo queste righe: “Se noi fossimo arrivati a salvarci – pensavo – e avessimo trovato modo di far capire agli altri, e specie ai responsabili, cosa è la guerra, le guerre in futuro, contro ogni logica umana, ci sarebbero state ugualmente. Perché la guerra non si produca, bisogna che gli uomini nel loro insieme non lo rendano inevitabile accumulando dinnanzi a Dio colpe su colpe. Le quali, a un certo punto, diventano valanga che si muove, e investe e travolge”. (E. Corti, – I più non ritornano-).
E mi si fa incontro la paterna e sapiente memoria di Mons. Delpini (Francesco ndr), figlio di questa vostra terra, di quest’uomo di Chiesa di cultura, che sapeva rapportare saggiamente le radici della storia – maiuscola – all’umile terreno del vissuto di ogni uomo. Perché è dalla nostra non-pace con Dio che inizia la guerra, è dalla nostra non-pace con i fratelli che ha origine la non-comunicabilità tra i popoli. Ogni cristiano, come nessun altro, dovrebbe sentire sulle proprie spalle il peso di questa responsabilità, e accompagnare il canto quaresimale: “ Pietà, Signore, pietà del Tuo popolo” con un segreto esame della propria condotta.
“Il modo di comportarsi nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali, negli affari, in quei mille contatti quotidiani che si vivono in famiglia, nei luoghi di lavoro e di tempo libero, dovunque siano in questione anche modeste e semplici scelte morali, come quelle di dare una risposta gentile o un’informazione corretta, può irradiare uno stile di vita coerente con il Vangelo. (C.M.Martini, Effatà).
Perché dunque il nostro parlare di pace, il nostro deprecare la guerra e tutto ciò che la guerra prepara e induce – dagli armamenti ai duelli di potere – non resti nel vago e nel vuoto, dobbiamo dargli una concretezza personale e costruttiva. La voce di Dio chiama sempre quel Caino che si nasconde in noi e chiede: “Dov’è il tuo fratello?” La mia coscienza di cristiano battezzato, figlio di Dio e fratello di Gesù, mi risponde: “Mio fratello è ogni uomo, l’amico e il nemico, il vicino e il lontano. Mio fratello è colui che combatte e colui che è abbattuto e colpito, mio fratello è colui che muore di freddo e di fame, mio fratello è qui, al mio fianco, quando lavoro, o studio, o prego, o mi svago. Amo il mio fratello lontano, gli esprimo la mia solidarietà, aiuto con l’elemosina il mio fratello che ha fame.
Ma: amo il fratello che mi sta vicino? Sopporto i suoi difetti, accetto i suoi limiti? Lo amo forse quando mi irrito, lo critico, lo giudico, lo demolisco agli occhi degli altri? Quando ostacolo le sue iniziative, logoro ogni sforzo di comunione e di comunicazione nella fede e nella carità?”
La Quaresima ricostruisce i quaranta giorni e i quarant’anni trascorsi dal popolo di Dio nel deserto, prima di giungere alla terra della promessa. Quante infedeltà, quante mormorazioni, quante gelosie, quante insubordinazioni nei confronti di Mosè, che lo conduceva nel nome di Dio! “Per quarant’anni – dice il Signore – mi disgustai di quella generazione e dissi: E’ un popolo dal cuore traviato, non conosce le mie vie, non entrerà nel luogo del mio riposo!”. Alla fine però fu il trionfo della Misericordia.
Alla fine del nostro cammino quaresimale, ci attende Cristo crocifisso per i nostri peccati, Cristo risorto per ricondurci al Padre? Per ognuno di noi ci sarà la gioia del perdono e della salvezza, se ci sarà stata la conversione alla misericordia e alla carità verso i fratelli.
Sr. Emanuela della Madre di Dio
Carmelo di Milano
