
Pubblicato su Un popolo in cammino – settembre 1998
Vacanza spirituale, viaggio all’interno di noi stessi:
non vi sono altri modi per definire questa incredibile esperienza che ha cambiato profondamente il nostro modo di vedere la clausura e con essa il mondo stesso.
Appena arrivati una calorosa accoglienza ci ha fatto sentire a nostro agio, cogliendoci di sorpresa e dandoci l’impressione di conoscerci da sempre. E proprio questo vero amore ci ha fatto capire il valore dell’appartenere a una comunità.
E’ stata dura la levata alle ore 6:00 non essendo ancora abituati alla dura vita del convento, ma un buon caffè ci ha permesso di assistere temprati alle Lodi e alla Santa Messa, alla quale abbiamo partecipato proponendo i nostri canti.
Dopo la colazione ci siamo immersi nella vita dei campi guidati da suor Maria Grazia.
I lavori che ci sono stati affidati sono: legare le viti, strappare le piante di fagioli secchi, raccogliere e pulire cipolle e patate. Il lavoro durava circa due ore, dalle 8:30 alle 10:30 circa. Questo perché il sole era molto cocente e per le suore l’attenzione alla persona è fondamentale, questo l’abbiamo capito anche quando ci offrivano da bere preoccupate del fatto che potessimo soffrire il caldo. Abbiamo capito che per loro ciò che era importante non era il ricavato materiale, ma la collaborazione e il rispetto.
Altro punto positivo sono stati gli incontri con le suore. Abbiamo avuto l’opportunità di confrontare le nostre idee con suor Nazarena alla quale abbiamo rivolto alcune domande riguardanti la vocazione, la vita di comunità, la vita sociale, la maternità e il confronto con l’esterno. Il suo incontro con Cristo attraverso la comunità prima nella realtà della sua parrocchia, poi in convento è stata una provocazione alla sua libertà.
Quello che ci ha stupiti è il non stancarsi mai di sentirla: proprio perché era una sorgente di gioia, di serenità dettata dalla profonda libertà raggiunta. Altra sorpresa è stata l’accoglienza basata sul nostro essere, con le nostre capacità e limiti, non come si sperimenta nel mondo ove si vale per quanto si è utili.
Ci siamo chiesti come mai queste persone hanno questa capacità di accoglienza che provocano gioia e desiderio di re-incontrarle.
La risposta è che loro vivono in una comunità fraterna tra loro in Cristo e che perciò resiste anche a costo del loro sacrificio personale. Questo non perché siano costrette, ma è una loro decisione presa con gioia e libertà. Con questa esperienza è diventato chiaro il grande bisogno di una comunione fraterna per crescere, perché la nostra vita possa maturare nella capacità di amare.
Questa tipologia di vita ha fatto nascere in noi anche la capacità di amare il patrimonio artistico e naturalistico italiano.
Pur dopo un lungo viaggio di 6 ore eravamo già pronti Per risalire in macchina e visitare i dintorni di questo magnifico luogo. Innanzitutto ci ha sorpreso lo stile medioevale con cui sono stati edificati i vari paesi limitrofi al convento: Bagnaia, Vitorchiano e Orte si ergono infatti fortificati sulla cima di ripide colline, pronti a difendersi dalle orde barbariche e ad accogliere i turisti nel labirinto di vicoli che la racchiudono. L’arte medioevale ci sorprende per la seconda volta tramite l’incredibile ricchezza della chiesa del tempo, espressa nel magnifico soffitto a cassettoni ricoperto d’oro della chiesa di Santa Maria della Quercia, che racchiude in un enorme reliquiario (può ospitare tre persone al suo interno) un dipinto di Madonna, secoli fa appeso a una quercia, presso il quale hanno pregato le madri e i parenti dei giovani viterbesi andati in guerra (II G.M.) e tutti tornati incolumi, e che ha fatto sì che un bombardamento, pur distruggendo l’asilo della località, non abbia provocato alcuna vittima.
Nel secondo giorno ci siamo recati a Bolsena dove il parroco molto amichevolmente ci ha guidato nella storia del luogo facendoci ripercorrere Il martirio di Santa Cristina ed il miracolo di Bolsena tramite la visita alle catacombe e all’altare dove un’ostia spezzata stilò del sangue che macchiò dei marmi, tuttora conservati in questo luogo ed il corporale posto nel Duomo di Orvieto, seconda meta di questo viaggio.
Camminando tra i vicoletti di quest’ultima città arroccata su una collina, si mostra improvvisamente alla nostra vista l’imponente facciata della cattedrale mirabilmente decorata. Dopo la visita al duomo ci siamo recati al pozzo di San Patrizio che prende il nome dal famoso santo che in Irlanda si calava in una voragine per pregare.
Tarquinia è la destinazione della gita della terza giornata durante la quale, dopo aver visitato dieci tombe etrusche riccamente affrescate, con somma gioia abbiamo fatto un tuffo nel nero mar Tirreno.
… E finalmente si giunge a Roma in questa uscita, intrecciando storia antica e contemporanea abbiamo visitato il Mausoleo di Cecilia Metella, le catacombe di San Sebastiano e le Fosse Ardeatine, le quali ci hanno trasmesso un profondo senso di amarezza per queste vite prese dalla mano dell’oppressore tedesco e perse per sempre. Il Vaticano ci apre ora le sue porte mostrandoci le immense bellezze artistiche dei suoi musei e della cappella Sistina che hanno toccato nel vivo la nostra sensibilità. La città eterna si è in seguito mostrata ai nostri occhi mentre salivamo sul cupolone della Basilica di San Pietro da cui abbiamo potuto ben ammirare i vicini Giardini Vaticani. Abbiamo quindi Ammirato l’interno della Basilica con le sue meravigliose sculture dei Santi, del Papa e le vorticose colonne sostenenti il baldacchino che copre l’altare. Una fitta pioggia ci ha suggerito di tornare in fretta al convento. L’ultimo viaggio ci ha condotti alla “città che muore”, Civita di Bagnoregio, così chiamata poiché arroccata su un blocco di tufo che lentamente franando provocherà la lenta diminuzione della popolazione del borgo e la sua distruzione.
Oltre alla preghiera, al lavoro dei campi e alle gite ci aspettava anche il lavoro a casa. A quel punto nella rustica casetta svolgevamo vari lavori, dopo averli equamente suddivisi tra di noi: si cucinava, si lavavano i piatti, si pulivano i pavimenti, ecc. Anche se alcuni, per non dire molti di noi, non erano abituati a questo tipo di vita, tuttavia in compagnia il tutto era reso più divertente e veniva svolto quasi senza che ce ne accorgessimo. Poichè non mancavano cuochi “esperti”; per cucinare si faceva a turno, ma nonostante ciò il risultato era sempre ottimo ( o quasi ). Nel momento del riposo pomeridiano si faceva tutt’altro che riposare; Infatti si ascoltava musica, si parlava di tutti i problemi più o meno importanti che ci affliggevano e si leggeva. Comunque il clima in casa era molto cordiale e amichevole tra noi; infatti ci comportavamo come fratelli e sorelle che si aiutano tra loro e si rispettano proprio come in una vera famiglia.
