
Pubblicato su Un popolo in cammino – gennaio 1988
Accanto a Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo nella povertà, nell’annientamento, nel silenzio, c’è una creatura povera, umile, silenziosa ma “Piena di Grazia”: è MARIA, la Vergine Madre.
Fra le sue braccia tiene un bimbo uguale ad ogni altro bimbo, che piange, ha freddo, ha fame, è anche perseguitato. Nulla di straordinario, di miracoloso. Il canto degli Angeli, lo stupore dei pastori, l’adorazione dei Magi, sono brevi momenti, a cui segue il silenzio di trent’anni. La solitudine dei tre anni apostolici, il martirio dei tre giorni della passione. Eppure Maria è beata: beata perché ha creduto.
Elisabetta che l’accoglie, esulta di gioia col figlio: la fede di Maria ha recato la gioia di Cristo. Nella fede, va, predica, dona la grazia, con semplici gesti di umile carità.
La monaca, che, nel silenzioso raccoglimento della clausura, contempla nella fede il mistero di Dio, proprio nella fede trova la forza di “dedicarsi” totalmente alla lode di Dio, trova la beatitudine di servirlo nelle piccole cose di ogni giorno, nei limitati rapporti della sua vita di fraternità. La monaca, come Maria, non disattende il mandato apostolico: “andate e predicate…..”. Essa offre la sua vita perché Cristo vi rinnovi il suo mistero di obbedienza fino alla morte, essa “compie nella sua carne – come dice S. Paolo – Ciò che manca alla passione di Cristo per il suo corpo mistico, la Chiesa”.
Ecco perché Santa Teresa d’Avila si proclamava “figlia della Chiesa” e Santa Teresa di Gesù Bambino scriveva: “Nel cuore della Chiesa mia madre io sarò l’amore; così sarò tutto”.
Sì, perché tutto questo lo compie l’amore, si compie solo per amore. Ciò è vero per ogni anoma consacrata: sacerdote, religioso, suora di vita apostolica o di clausura. Perché quando una creatura rinuncia al pur bellissimo legame di un esclusivo amore umano, si apre ad un amore diverso, puro, non sensibile, forte, non soggetto a mutamenti, non limitato, ma infinito come Dio che ne è l’oggetto. E’ una dimensione diversa dell’amore, è la dimensione eterna, di cui l’amore umano è segno e figura.
Perciò la vita di clausura, essenzialmente contemplativa, deve essere, nel modo e nel tempo, segno delle realtà future. Come lo furono Maria e Giuseppe, i primi contemplatori del volto di Dio.
Suor Emanuela della Madre di Dio del Carmelo di Milano
