“Dio ha stima di te e ti viene incontro”
La testimonianza sull’Anno della fede di Mons. Mario Delpini, Vicario Generale della Diocesi di Milano, in occasione del VI° Dies Natalis di Don Angelo Cassani
Se c’è una cosa affascinante dell’esperienza del rapporto con Cristo è che ti spiazza.
Spiazza dalle costruzioni arzigogolate che ci si è fatti per raggiungere la felicità; spazza via tutti i propri piani, le strategie morali, gli sforzi, le aspettative su di sé, le recriminazioni su di sé e sugli altri.
Ma non solo: ti rimette nella giusta posizione. Quella di domanda, di apertura alla realtà, di riconoscimento della Grazia che accade. Ti ridona il tuo volto: quello con gli occhi sgranati per lo stupore di aver incontrato un giudizio vero che risponde alle attesa del cuore.
E tutto questo il buon Gesù lo fa accadendo, incontrandoci, attraverso i suoi testimoni, attraverso la grande compagnia della Chiesa.
E tutto questo è accaduto nell’incontro con Mons. Mario Delpini, in occasione della VI° Dies Natalis di Don Angelo Cassani.
Il tema di cui ci ha parlato, “La fede nasce da un incontro”, stava accadendo in quel momento: la testimonianza di una fede densa di ragioni e umanamente interessante. Una ventata di freschezza che libera il respiro.
Prendendo spunto dal Motu Proprio di Benedetto XVI “Porta Fidei” (La porta della fede), scritto dal Papa in occasione dell’apertura dell’anno della fede, Mons. Mario Delpini ha messo in luce come la fede non sia una fatica in più, ma coincida con una pienezza di vita.
Il punto di partenza è la provocazione che il Papa muove a tutti i credenti, ponendo al centro del proprio documento il termine “gioia”: la fede coincide con un’esperienza di gioia vissuta.
Ma questa esperienza sembra quasi sconosciuta a molti di noi. Mons. Delpini ci ricorda che spesso nella nostra vita siamo presi dalla frenesia del fare, come se la nostra felicità fosse riposta nella nostra capacità di fare, nell’essere all’altezza, nella frenesia di costruire e organizzare. Questa tensione è giusta di per sé ma nasconde un rischio: la presunzione e l’orgoglio di farcela da soli, di poterci salvare da noi stessi.
Ma il soffocamento, l’assenza di gioia sono una spia evidente che così non può essere.
E Mons. Delpini ribalta la questione: non tocca a noi inventarci un modo “nuovo” per entrare in rapporto con Cristo, non dobbiamo costruire un sistema per tirarlo giù dal cielo. È Gesù stesso che viene a noi: l’iniziativa è anzitutto sua. È lui che è venuto e rimane nella grande compagnia della Chiesa. È lui che bussa alla porta dentro le circostanze: a noi tocca semplicemente avere l’attenzione di aprirla.
E come lo riconosciamo? Dentro un’esperienza di pienezza, anche in una situazione difficile: un richiamo, un gesto di carità, una parola che ci ridona a noi stessi, che corrisponde all’esigenza di vero di bello e di giusto che abitano il nostro cuore. È un’esperienza che allarga la ragione e incrementa l’affezione e la libertà. È la stessa esperienza che fecero la Samaritana, la Maddalena, Zaccheo, Nicodemo, Pietro e tutti gli apostoli: essere ridonati a se stessi.
E come ci ha ricordato Mons. Delpini, questo sguardo di Gesù non si ferma davanti a nulla, neanche al male proprio o altrui. Sua Eccellenza ci ha ricordato come il Card. Martini aveva affrontato le Brigate Rosse: li invitò a consegnare le armi, non arrendendosi al loro male, non riducendo le loro persone al male che avevano compiuto, ma aspettandosi ultimamente qualcosa di buono. E molti consegnarono le armi.
È lo sguardo di Gesù che dice che tu sei salvabile, sei recuperabile, io ho stima di te e del fatto che sei fatto da Dio per la felicità.
Spesso invece noi credenti definiamo noi stessi e chi ci sta attorno per l’errore commesso. Il nostro male ci fa perdere la stima di noi stessi e spesso per vergogna non lo riconosciamo, non lo confessiamo, non ci stiamo davanti. E ancora una volta Mons. Delpini ribalta la questione ricordando la parabola del Figliol Prodigo, o del Padre Misericordioso. Come il Padre Misericordioso tratta il figliolo ritornato a casa dopo aver dissipato i propri bene? Il figlio chiede “trattami almeno come uno dei tuoi servi”, ma il Padre risponde “Facciamo festa! Perché il figlio che credevo morto è tornato alla vita”.
Mons. Delpini ci ricorda che occorre guardarci come ci guarda Dio. E Dio non ci guarda con un po’ di schifo, ma amandoci e desiderandoci, come il Padre Misericordioso della parabola.
Se il nostro male ci fa perdere stima di noi stessi, Dio non perde mai la stima di noi! E la confessione è proprio l’occasione per guardare il proprio male e sperimentare il perdono.
Ma come fare a fare sempre memoria di tutto questo? Prendendo spunto dal Papa, Mons. Delpini ci ricorda che Maria è una testimone eccezionale: per Maria, Gesù è un fatto a cui stare dietro, un figlio da seguire. Maria ci aiuta a stare davanti alla realtà dell’Incarnazione: a Dio che si fa bambino, ragazzo, uomo ed è una presenza con cui stare.
Ce lo ricordano le molte edicole votive presenti nel nostro paese, a cui si aggiunge l’immagine della Madonna della Strada realizzata da Gianfranco Battistella e regalata dall’Associazione Figli di Don Angelo a Mons. Delpini. Sua Eccellenza l’aveva vista a Roma e si era affezionata a questa effige in cui la Madonna con Bambino benedice i viandanti, ovvero tutti i credenti, mostrando però qual è la vera via: il buon Gesù venuto nel mondo per portarci a conoscere il Padre e, con Lui, la pienezza della vita.