
Ci troviamo, ormai, di fronte ad una sfida….”Gli uomini uccidono nella case, negli uffici, nelle università” (Gv. P. II). Davanti a questa sfida l’uomo della strada si interroga. Varie sono le risposte. C’è chi accusa le strutture, chi il sistema, chi il governo, chi vede nella violenza l’unico mezzo per cambiare la società, chi un tentativo di destabilizzare il paese, chi un aspetto della lotta fra il bene e il male…..
Certamente ognuno di noi, sia pure in modo diverso, ha la sua parte di responsabilità.
Ma dove va collocato il pericolo di fallimento dell’uomo oggi? Forse nell’aver separato la responsabilità morale dalla vita civile. E’ stato dato il primato al danaro, al potere politico, al valore economico in vista del benessere dell’individuo o di un gruppo….. I valori dello Spirito e della cultura sono stati messi da parte, i primi lasciati alla sfera del privato, i secondi strumentalizzati da alcuni partiti. Da più parti è stato favorito sistematicamente un modo di vedere la soluzione ai problemi sociali (lavoro, servizi sociali, scuola, casa, tempo libero) attraverso la violenza e l’odio.
Si è dimenticato che il valore è l’uomo e che Cristo è venuto per lui.
Questa valorizzazione dell’uomo ci porta alla ricerca di qualcuno cui tutti gli uomini possono far riferimento, per sentirsi giudicati dalla sua presenza. Per noi credenti è Dio il termine della vita dell’uomo.
Senza questo incontro con Qualcuno l’uomo rischia il pericolo di smarrirsi o di “servirsi” del suo fratello per i propri interessi. Giovanni Paolo II ha detto: “La morte di Dio porta con sé la morte dell’uomo”.
Non dobbiamo meravigliarci se l’uomo, ridotto ad una sola dimensione, quella economica, si rifugia nel consumismo e per questa cerca i beni di questo mondo calpestando se stesso e la vita degli altri.
La famiglia cristiana alla violenza contrappone la bontà di Cristo. Da Cristo impara a perdonare, ad amare, a valorizzare, ad avere il coraggio di affrontare la vita anche nella sua fatica di certi momenti.
Questo è il tempo non delle affermazioni che restano parole che volano e scompaiono, ma soprattutto di testimonianze di vita vissuta. So che il male fa più chiasso del bene, e lo sentiamo quotidianamente in ogni telegiornale. Sembra che tutto sia male…….Il bene non lo si sottolinea più, quasi fosse scomparso.
Chi ricorda le parole di perdono sulle labbra del figlio di Vittorio Bachelet drammaticamente ucciso sotto la propria abitazione? “La Repubblica” diceva: “Tutta la famiglia ha saputo dare in questa tristissima circostanza un’altra testimonianza di civiltà e di religiosità. La Fede non come virtù consolatoria, ma come progetto di vita, regola dell’esistenza. Questa è stata la loro forza”.
Forse ci siamo dimenticati le parole e la testimonianza delle figlie e della moglie anch’esso ucciso: “ Signore perdona loro. Questo mi ha insegnato mio marito, questo ci ha insegnato nostro padre”.
Dalla famiglia i figli imparano l’amore.
E’ questo l’impegno di ogni famiglia perchè possa dare il suo contributo alla costruzione della civiltà dell’amore.
LA FAMIGLIA CRESCE EDUCANDOSI
- I genitori sono i primi e principali educatori dei figli. L’ambiente famigliare è il “luogo” che favorisce più di ogni altro la giusta educazione alla vita, perchè in essa si trovano la comprensione e l’amore dei genitori fra loro stessi e verso i figli.
- La famiglia educa prima di tutto e soprattutto con la vita, con la testimonianza, con l’esempio.
- La famiglia educa quando si vivono dei valori autentici e non ci si limita ad osservare dei comportamenti. Educare significa offrire dei valori da vivere.
- La famiglia educa quando tra i suoi membri tutto è veramente e giustamente partecipato, sia nei momenti facili che in quelli difficili. Non c’è educazione quando si cerca di dare ai figli oltre le reali possibilità della Famiglia.
- La Famiglia educa quando esige i doveri, ma rispetta i diritti di ciascuno. Non educano “certe indulgenze” come non educano certe “intromissioni”; non si educa quando si impone ciò che può essere consigliato o non si consiglia ciò che va imposto.
- La famiglia educa quando non si confondono i “mezzi” con i “fini” dell’educazione: per esempio l’obbedienza è un mezzo necessario, non un fine. Fine è la formazione di una personalità forte, capace di affrontare anche le difficoltà, così pure il sacrificio non è un fine ma un mezzo necessario. I castighi non sono un fine: fine è la correzione.
Sono domande che è doveroso porre alla nostra responsabilità e missione che abbiamo accolto e perchè la nostra vita possa lasciare frutti che durano nel tempo fin all’eternità.
Con affetto
Don Angelo
