
Pubblicato su Un Popolo in cammino – luglio 1989
6 Luglio:
Santa Maria Goretti
In un epoca come la nostra, improntata al permissivismo più sfrenato, dove i valori della dignità della persona si confondono con il diritto a “godere”, dove la persona diventa una “cosa” da sfruttare e poi gettare, S. Maria Goretti è un segno molto importante per tutti i giovani, le giovani e gli adolescenti.
Occorre ritornare ad imparare a dominare la propria istintività perché si abbia il rispetto della persona, stima per la sua grandezza, rispetto della sua dignità.
Ma noi adulti abbiamo veramente questo atteggiamento? Sentiamo, quando ci troviamo di fronte alla persona, di essere di fronte ad un mistero così grande che siamo chiamati a contemplare nel più profondo rispetto?
Dobbiamo innanzitutto noi, ritornare ad avere grande stima della vita, di un amore che si dona e che non si ruba!
Con affetto e stima
Don Angelo
MARIA GORETTI nacque a Corinaldo (An) il 16 – 10 – 1890
I genitori Luigi e Assunta Carlini la fecero battezzare nello stesso giorno della nascita, dal curato Emanuele Marcucci, nella chiesa parrocchiale di S. Francesco, dove, il 4 Ottobre 1896, venne anche cresimata da Mons. Giulio Boschi, che fu poi cardinale.
Con la cresima termina la prima parte della vita della santa ed inizia la seconda, quella corrispondente all’età della fanciullezza, caratterizzata da un esistenza irta di difficoltà, nel cui ingranaggio la piccola svolge un ruolo a volte di rilievo, a volte predominante e poi chiaramente eroico. Tale periodo coincide con l’emigrazione dalle Marche al Lazio, cui la fanciulla fu costretta a motivo della scarsità di lavoro, nella natia Corinaldo. Prima tappa a Colle Gianturco, presso Paliano, poi Ferriere di Conca, a circa 10 Km. Da Nettuno.
Dopo che a ferriere morì il padre (6 maggio 1900), Maria si mostrò particolarmente premurosa con la mamma. Il raccolto dell’anno, funestato dalla morte del capo famiglia, non permise alla vedova Goretti di pagare i diritti di mezzadria a Mazzoleni, sul cui fondo lavorava: nonostante il raccolto fosse stato buono, restava debitrice di quindici lire. La santa incoraggiò la madre; “Mamma, fatti coraggio! Dio ci aiuterà!”.
La piccola aveva sempre il rosario tra le mani, e con la recita della corona suffragava l’anima del padre; si soffermava a pregare presso l’immagine della Vergine; aiutava, correggeva e guidava al bene i fratellini che si sentivano da lei protetti, soprattutto quando venivano ripresi. La sua bontà protettiva si estendeva anche alla mamma, come quando la precedeva sui sentieri campestri per salvaguardarla dall’improvvisa presenza di serpi o quando insisteva presso la stessa perché si sostentasse a sufficienza.
Maria accudiva inoltre alle pulizie della casa, agli acquisti, alla vendita delle uova e dei colombi nella lontana Nettuno, al trasporto dell’acqua, alla preparazione delle vivande per i lavoratori dei campi, al riassetto della cucina, al rammendo del vestiario. La gente definiva la piccola “un angelo di figliola”. Un episodio particolare, rivela le sue eroiche disposizioni di animo. Era andata alla fonte ad attingere acqua ed accanto a lei una giovanetta e un ragazzo parlavano un linguaggio scorretto. La santa, a casa, ne fece le meraviglie con la madre, che le rispose: “E tu, perché ti sei fermata ad ascoltare?”. “Finchè non mi si riempiva la brocca come facevo?”. La mamma concluse:”Fa che quello che è entrato da un orecchio esca dall’altro. Vedi, figlia mia, come tu ti fai meraviglia degli altri, gli altri potrebbero farsi meraviglia di te se tu facessi altrettanto”. “Se avessi da parlare così, sarebbe meglio morire!”. Concluse la martire.
Alla prima Comunione Maria si preparò con fervore, e la ricevette con l’intenzione di suffragare il babbo defunto, promettendo di essere sempre più buona. E’ tuttavia difficile stabilire la data; la madre affermò nel processo informativo che avvenne il Corpus Domini del 1902, 29 maggio, e con lei concordò per quanto riguarda l’anno 1902, Teresa Cimarelli, testimone oculare. L’autore della prima biografia, Carlo Marini, la pose al 29 giugno 1901.
Intanto nell’ambiente di “Cascina Antica”, così si denominava la casa rurale che accoglieva i Goretti, si sviluppava una dolorosa vicenda. Con i Goretti vivevano i Serenelli, padre e figlio, e le due famiglie lavoravano in società. Il giovane di nome Alessandro, sui diciotto anni, covava torbidi sentimenti nei riguardi della fanciulla e aveva osato insidiarla, ma lei lo respingeva e lo schivava. Il tentatore l’aveva minacciata di morte se la cosa fosse giunta agli orecchi di Assunta Goretti. La giovanetta non parlò, per evitare l’aggravarsi della tensione che esisteva in casa a motivo dei soprusi dei Serenelli. Una seconda volta Alessandro invitò Maria al peccato; la bambina lo allontanò da sé e lo richiamò ai motivi soprannaturali dei castighi di Dio. Il tentatore pensò alla lotta definitiva e preparò un punteruolo.
Il 5 luglio 1902 i Goretti e i Serenelli erano intenti alla sbaccellatura delle fave secche e la santa, sul pianerottolo che guardava l’aia, rammendava una camicia del giovane Alessandro Serenelli. Ad un certo punto questo lasciò il lavoro e con un pretesto si avviò verso casa. Secondo la narrazione fatta dall’uccisore stesso davanti al tribunale ecclesiastico, il martirio si svolse così: “….. mi accostai alla Maria, la invitai a venir dentro. Essa non rispose, né si mosse. Allora l’acciuffai quasi brutalmente per un braccio, e, facendo essa resistenza, la trascinai dentro la cucina che era la prima camera dove s’entrava. Essa intuì bene che io volevo ripetere l’attentato delle due volte precedenti e mi diceva: “No, no, Dio non vuole, se fai questo vai all’inferno”. Io allora, vedendo che non voleva assolutamente accondiscendere alle mie brutali voglie, andai sulle furie e preso il punteruolo comincia a colpirla. In quel momento io capivo bene che volevo compiere un’azione contro la legge di Dio e che volevo indurre la Maria al mio peccato e appunto l’uccidevo perché si opponeva. Mi rimproverava e si dimenava, sicchè io vedendo di non riuscire neanche questa volta, presi il punteruolo e cominciai a colpirla sulla pancia come si pesta il granoturco. Ricordo bene che la Maria cercava di ricoprirsi e questo lo fece più volte esclamando sempre: “Che fai! Alessandro? Tu vai all’inferno….”. Io ricordo di aver visto anche del sangue sulle sue vesti e di averla lasciata mentre essa ancora si dimenava, però capivo bene che l’avevo ferita mortalmente” (Positio super causae intructione Summarium).
Maria venne trasportata all’ospedale Orsenigo di Nettuno. Lì perdonò l’uccisore, venne iscritta tra le Figlie di Maria, ricevette tutti i conforti religiosi dei morenti. Spirò placidamente il giorno successivo.
I medici e l’ autorità giudiziaria dichiararono che la martire aveva riportato quattordici ferite e quattro piccole contusioni. Causa della morte fu la peritonite settica provocata dalle ferite dell’addome, nonché la grave emorragia.
Il 31 maggio del 1935 in Albano si apriva la prima sessione del processo informativo. Il primo giugno del 1938 si aveva il decreto di introduzione della causa presso la Santa Congregazione dei Riti. Il 25 marzo 1945 Pio XII riconosceva il martirio e il 21 maggio dello stesso anno usciva il decreto del Tuto. Il 27 aprile 1947 avveniva la beatificazione e lo stesso Pontefice poteva congratularsi con la mamma della martire presente alla cerimonia. Il 24 giugno 1950 Pio XII di fronte ad una folla incalcolabile, celebrava il rito della canonizzazione in Piazza S. Pietro. La mamma assisteva da una finestra del Vaticano.
Il corpo di Maria Goretti riposa a Nettuno nella cappella a lei dedicata nel Santuario della Madonna delle Grazie amorevolmente custodito dai Passionisti e visitato da folle di pellegrini di ogni provenienza. La festa della martire si celebra il 6 luglio.
