
Pubblicato su Un popolo in cammino -anno 1993
Lo fa come altri pellegrini, figli e figlie di Gerusalemme che in questa settimana, precedente la Pasqua, si recano in questa città. Gesù è uno dei tanti.
Questo avvenimento, nel suo svolgimento esterno, si può, quindi, considerare normale. Gesù si avvicina a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, e quindi, venendo dalle località di Betfage e di Betania. Lì da ordine ai due discepoli di condurgli un asinello. Offre loro le indicazioni precise: dove troveranno l’animale e come dovranno rispondere a coloro i quali domanderanno perché lo fanno. I discepoli seguono scrupolosamente le indicazioni. A coloro che domandano perché slegano l’asino rispondono: “il Signore ne ha bisogno” (Lc. 19,31), e questa risposta è sufficiente. L’asino è giovane, nessuno vi era mai salito. Gesù sarà il primo. Così, dunque, seduto sull’asino, Gesù compie l’ulteriore tratto del cammino verso Gerusalemme. Tuttavia, da un certo momento, questo viaggio, che non aveva in sé niente di straordinario, si cambia in un vero “ ingresso solenne in Gerusalemme”.
In questo giorno celebriamo la liturgia della Domenica delle Palme, che ci ricorda e rende presente questo “ingresso”.
In uno speciale rito liturgico ripetiamo e riproduciamo tutto ciò che hanno fatto e detto i discepoli di Gesù (i vicini come i più lontani nel tempo) su quella strada, che conduceva dal di là del monte degli Ulivi a Gerusalemme. Così, come loro, teniamo nelle mani dei rami di ulivo e pronunciamo, o meglio, cantiamo, le parole di venerazione che essi hanno pronunciato. Queste parole, secondo la redazione di S. Luca, suonano così: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in terra e gloria nel più alto dei celi” (Lc.19,38).
In queste circostanze, il semplice fatto di Gesù, che assieme ai discepoli sale verso Gerusalemme per la vicina solennità di Pasqua, assume chiaramente un significato messianico. I particolari, che formano la cornice dell’avvenimento, dimostrano che in esso si compiono le profezie. Dimostrano che, pochi giorni dalla Pasqua, in quel momento della Sua missione pubblica, Gesù è riuscito a convincere molti semplici uomini in Israele. Oltre i più vicini, dodici, lo seguiva già una folla. « Tutta la folla dei discepoli », come dice Luca evangelista (19,37), la quale faceva capire senza equivoci di vedere in Lui il Messia.
Con l’ingresso in Gerusalemme Gesù si avvia verso la morte
La domenica delle Palme apre la settimana Santa della Passione del Signore. Per questo motivo, leggiamo tutta la descrizione della Passione del Signore secondo Luca. Gesù, salendo in quel momento verso Gerusalemme svela se stesso completamente davanti a coloro che preparano l’attentato alla Sua vita. Si era svelato, del resto, già da tempo confermando con i miracoli tutto ciò che proclamava ed insegnando, come dottrina del Padre Suo, tutto ciò che insegnava, le letture liturgiche delle ultime settimane lo dimostrano in modo chiaro: il “solenne ingresso in Gerusalemme” costituisce un passo nuovo e deciso sulla strada verso la morte, che gli preparano i rappresentanti degli anziani di Israele.
Le parole pronunciate da “tutta la folla” dei pellegrini che salivano a Gerusalemme assieme a Gesù, non potevano che rafforzare le inquietudini del sinedrio e non potevano che rafforzare la loro decisione finale.
Il Maestro è pienamente consapevole di questo. Tutto quanto fa con questa consapevolezza, seguendo le parole della Scrittura, che ha previsto i singoli momenti della Pasqua. L’ingresso in Gerusalemme fu il compimento della scrittura.
Gesù di Nazareth, si rivela, dunque, in base alla parola dei profeti, che egli solo ha compreso, in tutta la sua finezza. Questa finezza è rimasta velata sia alla “folla di discepoli”, che lungo la strada verso Gerusalemme cantavano “Osanna”, lodando “Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto” (Lc. 19,37), sia a quei “dodici” a Lui più vicini. A questi ultimi, l’amore per Cristo, non permetteva di ammettere una fine dolorosa; ricordiamo come una volta Pietro disse: « questo non ti accadrà mai! » (Mt.16,22).
Per Gesù, invece, le parole dei profeti sono chiare fino alla fine e si rivelano a Lui con tutta la pienezza della loro verità; ed egli stesso si apre davanti a quella verità con tutta la profondità del Suo spirito. Le accetta totalmente. Non riduce niente. Nelle parole dei profeti trova il giusto significato della vocazione del messia: della sua vocazione. Trova in essa la volontà del Padre. “il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio – ed io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro” (Is. 50,5). In questo modo la liturgia della domenica delle Palme contiene già in sé la piena dimensione della Passione: la dimensione, la grandezza della Pasqua.
“Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba, non ho sottratta la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). “Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo … Hanno forato le mie mani ed i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano le sorte” (Sal. 21,8. 17-19).
La verità interiore dell’anima del Messia
Ecco la liturgia della domenica delle Palme: in mezzo alle esclamazioni della folla, all’entusiasmo della folla, all’entusiasmo dei discepoli che, con le parole dei profeti, proclamano e confessano in Lui il Messia, solo Lui, Cristo, conosce fino in fondo la verità della Sua missione; solo Lui, Cristo, legge fino in fondo ciò che hanno scritto su di Lui i profeti.
E tutto ciò che essi hanno detto e scritto si compie in Lui con la verità interiore della sua anima. Egli, con la volontà ed il cuore, è già in tutto ciò che, secondo le dimensioni esterne del tempo, gli sta ancora davanti.
Già, in questo suo corteo trionfale, nel suo “ingresso in Gerusalemme”, Egli è “obbediente fino alla morte ed alla morte di croce”.
Fra la volontà del Padre, che lo ha mandato, e la volontà del Figlio permane una profonda unione piena di amore: un bacio interiore di pace e di redenzione. In questo bacio, in questo abbandono senza limiti, Gesù Cristo, che è di natura divina, spoglia se stesso ed assume la condizione di servo, umiliando se stesso (Fil. 2,6-8). E permane in questo abbassamento, in questa spoliazione del suo fulgore esterno, della sua Divinità e della Sua umanità, piena di grazia e di verità. Egli, figlio dell’uomo, va con questo annientamento e spoliazione, verso gli eventi che si compiranno, quando il suo abbassamento, la spoliazione, l’annientamento rivestiranno precise forme esteriori: verrà sputacchiato, sarà flagellato, insultato, schernito, rifiutato dal popolo, condannato a morte, crocifisso, fino a quando pronuncerà l’ultimo : “tutto è compiuto”, consegnando lo spirito nelle mani del Padre.
Tale è quell’ingresso “interiore” di Gesù in Gerusalemme, che si compie nella sua anima alla soglia della Settimana Santa.
Gridiamo più forte delle pietre di Gerusalemme!
Ad un certo momento si avvicinano a Lui i farisei che non possono sopportare più le esclamazioni della folla in onore di Cristo che fa il Suo ingresso in Gerusalemme e dicono: “ Maestro, rimprovera i tuoi discepoli”.
Gesù risponde: “Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre”. (Lc. 19,39-40).
Iniziamo con la festa delle Palme la Settimana Santa della Passione del Signore a Jerago. In questo paese non mancano le pietre che parlano di come ha messe le Sue radici in questa parte, pur piccola, del mondo.
Sono il Campanile con la vecchia Chiesa, sono le nuove scoperte nei boschi, sono i nostri antenati che hanno voluto consegnare a noi il “ testimone” perché a nostra volta lo abbiamo a consegnare ad altri perché possano riscoprire la loro vera grande dignità di figli di Dio. Facciamo in modo che le pietre non facciano arrossire gli uomini e le donne! Facciamo in modo che i nostri cuori e le nostre coscienze gridino più forte di esse.
Coraggio, quindi, avviciniamoci a Cristo perché Gesù ci faccia riscoprire la nostra grande dignità.
Con affetto
Don Angelo