NASCE UN COVO
…… Abbiamo ricostruito, uno per uno, i precedenti dell’aggressione a don Angelo Cassani, con l’aiuto dei suoi parrocchiani, che, dopo il suo ferimento, sono più decisi che mai a non mollare:
22 Febbraio 1976. Una ventina di giovani invadono la Basilica di San Lorenzo. Vengono strappati manifesti della parrocchia, distrutta la porta a vetri. I delinquenti cercano di assaltare anche la canonica, ma poi desistono e fuggono. Più tardi si troveranno bestemmie scritte a vernice sui muri della chiesa.
19 Marzo 1976. Cinque molotov sono lanciate contro il portone della Basilica e ai tre portoni laterali che danno accesso alla canonica.
2 Gennaio 1977. Una squadraccia di “lotta continua” aggredisce un gruppo di ragazze di CL e le insegue fino alla Basilica di San Lorenzo….
18 Gennaio 1977. Durante un assemblea al “Cattaneo” studenti “autonomi” aggrediscono aderenti di CL: tre cattolici contusi.
13 Marzo 1977. Attentato contro la Basilica di San Lorenzo. Viene fatto esplodere un ordigno di notevole potenza. L’esplosione distrugge due locali dell’appartamento del sacrestano. Per fortuna non ci sono vittime.
27 Maggio 1977. Nella notte sul 28 maggio, ultrasinistri del Ticinese prendono di mira numerose auto di aderenti a CL distruggendole col fuoco.
“ Siamo in presenza di una vera e propria intolleranza contro il mondo cattolico: una intolleranza che si esprime anche attraverso la violenza fisica. E questa violenza colpisce con più accanimento quei luoghi dove con maggiore chiarezza, vi è la ripresa di una vita ecclesiale, cioè di una trama di rapporti fondati sulla carità, la quale ridona alla persona umana il pieno significato della sua libertà”.
Sono parole di don Angelo Cassani, 43 anni, viceparroco di San Lorenzo Maggiore, al quartiere Ticinese di Milano, “ sprangato” e ferito gravemente da comunisti rivoluzionari che pretendevano, da lui la consegna degli elenchi degli “iscritti” a Comunione e Liberazione………………….
Poco tempo prima di essere ridotto in fin di vita ( a distanza di dieci giorni dall’aggressione neppure la polizia e il magistrato hanno potuto interrogarlo), don Angelo Cassani formulava un giudizio sulla violenza che sta abbattendosi sulla Chiesa. Proprio a lui, a don Angelo, è toccato di testimoniare con la propria persona, a rischio della vita, quanto esatta fosse la sua diagnosi sulla violenza anticlericale.
Don Angelo Cassani è il primo prete in Italia, dopo quasi trent’anni, che rischi di essere ucciso per motivi politici…….
“ Don Cassani”. Dice infatti il medico del reparto neurochirurgico “ Beretta“ dell’ospedale Policlinico “ ha rischiato davvero di soccombere. I colpi inferti con selvaggia violenza sulla regione occipitale hanno causato una vasta emorragia cerebrale”. Soltanto grazie ad un tempestivo intervento chirurgico è stato possibile salvargli la vita; ma per almeno una settimana i medici hanno temuto seriamente che don Angelo non sopravvivesse…………
NUOVE BELVE
……..Chi sono i due giovani che, venerdì 8 luglio, alle ore 15.00 hanno aggredito don Angelo Cassani, non si sa e, probabilmente, non si saprà mai. Don Angelo dice di non essere assolutamente in grado di riconoscerli: “ Sono miope, e in quel momento non avevo gli occhiali”, ripete. Se anche avesse qualche sospetto, lo terrebbe per sé: perdonare i propri nemici e “porgere l’altra guancia” fa parte dello stile di Comunione e Liberazione.
Con questi precedenti si arriva all’aggressione dell’8 Luglio.
Sono le tre del pomeriggio. Don Angelo è rimasto solo in casa e va a riposare. Suonano alla porta. Va ad aprire, e gli si presentano davanti due giovani. “Dapprima mi parvero un giovanotto e una ragazza. Non avevo gli occhiali e non vedevo bene. Poi capii, dalle loro voci, che erano tutti e due maschi”, dirà in seguito don Angelo. I due chiedono di don Carlo, il parroco. Ma è una scusa perché subito, spingendo dentro don Angelo, richiudono la porta alle loro spalle. Uno dei due ridendo dice: “Siamo venuti per i soldi, vogliamo i soldi”. Don Angelo risponde: “Quali soldi?” Allora i due, svelando finalmente il loro obbiettivo: “Non importa. Dacci l’elenco degli iscritti”. Don Angelo risponde: “Quale elenco? Quali iscritti?”; e dice il vero, perché CL non è un’organizzazione con elenchi di iscritti e quadri dirigenti, con schedari e indirizzari, ma è soltanto un modo di pensare, un modo di vivere la propria fede. Ma questo i due non lo sanno. Loro leggono sui giornali che CL è “un’organizzazione di destra”.
E allora, facendosi cattivi: “Basta non fare lo stupido, vogliamo l’elenco. Sbrigati!”
Don Angelo reagisce: “Potete anche uccidermi, ma non parlo”. Sa perfettamente che la vendetta dei rossi si abbatterebbe sui suoi ragazzi se quei due ottenessero qualche nome, qualche indirizzo. E fa per respingerli. Si accende la lotta, in breve i due sopraffanno il sacerdote, brandiscono uno dei tanti estintori che abbondano in canonica, da quando la canaglia assale San Lorenzo con le molotov, si avventano su don Angelo, gli sfondano la testa, lo abbandonano, ferito e sanguinante, a terra.
Soccorso due ore più tardi dai suoi ragazzi, allarmati perché non risponde alle loro scampanellate (è stato necessario sfondare la porta), don Angelo resta per due giorni in coma. Poi, appena apre gli occhi, mormora: “Sono caduto dalle scale”. Spiegherà soltanto più tardi il perché di quella bugia: “Non volevo allarmare inutilmente i genitori dei nostri ragazzi, tanto più che la missione dei miei aggressori era fallita”.
Nel lettino dell’ospedale, e se i muscoli sono intorpiditi e gli occhi gli lacrimano per i gran colpi ricevuti, il cervello è lucido.
Alla fine, dopo un conflitto interiore più doloroso delle ferite ricevute, don Angelo si decide a dire la verità, a denunciare i vigliacchi.
Ma non saprà fornire elementi tali da permettere alla polizia di arrivare al loro arresto.
L’arcivescovo di Milano, cardinale Giovanni Colombo si reca al suo capezzale. Don Angelo non è in condizioni di parlare. Scrive con calligrafia tremolante su un foglietto:
“Accetto di morire ma non mai di tradire il mandato che ho ricevuto da lei”