Jerago 2 dicembre 2007
Non è un pensiero nostalgico che ci ricorda don Angelo, ma la testimonianza di una fede vissuta fino in fondo che ha avuto come culmine l’accogliere la malattia con gratitudine al Signore per avergli dato l’opportunità di condividere la Sua Stessa sofferenza, la stessa passione di quel Cristo da lui tanto amato. “ Grazie Signore che mi rendi più simile a Te”.
Tra le tante cose ci ha insegnato che siamo fatti per la felicità, che Cristo è il cammino e la risposta e per questo fine tutto vale la pena. In tutti questi anni ha vissuto portando la vita di ognuno di noi, calandosi nella storia di chiunque incontrasse, nessuno era escluso dal suo cuore di padre, per tutti è stato quel ’incontro apparentemente casuale, ma che evidenzia l’aspetto umano, quello a cui il mondo non è attento. Con questo sguardo accoglieva la storia di ognuno e ogni storia diventava la sua stessa vita. Per lui ogni volto era l’incontro con un mistero, con il Mistero che è Cristo.
Molti si sono sentiti toccati da quella realtà così palese per lui, ma novità per l’altro, faceva percepire l’abbraccio del Padre e tutto il Suo Amore proprio per te, per il volto che aveva davanti in quel momento. Molto spesso dopo aver incontrato le persone con un sospiro diceva: “ …Ma!….. Chissà cosa gli passa dentro! “.
Quel ’espressione sembrava il culmine del limite umano oltre il quale solo la Grazia può arrivare. Ha sempre considerato un grande miracolo il cambiamento del cuore dell’uomo; per questo ha sempre sentito forte su di sé la responsabilità della vita di ognuno.
Non amava l’organizzazione e la ricerca della perfezione, ma era dotato di una sensibilità così profonda che gli permetteva di cogliere nei minimi dettagli il cuore con cui ci si disponeva a fare le cose. Questo per lui era motivo di grande gioia o di grande sofferenza.
Quando organizzando qualcosa ci si chiedeva: sarà tutto a posto?…Andrà tutto bene?…Speriamo non piova!……La sua risposta era sempre pacata, rassegnata, ma rassicurante: “ Lasig fa dul Signor” “ Lascia fare al Signore “. Anche nella liturgia cercavamo la perfezione ma immancabilmente lui improvvisava qualcosa come fosse un grido di ribellione al perfezionismo, come per allenarci a non dare nulla per certo, ma saper accettare tutto perché è un Altro che determina il susseguirsi degli eventi, per darci ragione del fatto che noi dipendiamo in tutto da un Altro. Da Cristo. Ricordo un anno che abbiamo passato ore, giorni, sere per settimane a organizzare il carnevale; sfilata, giochi, canti da fare in piazza e poi… la sera prima ha iniziato a nevicare, siamo rimasti senza luce, non prometteva niente di meglio per il giorno dopo e allora… tutto da rifare e al lume di candela. Con decisione ci siamo detti: “ Forza la notte è lunga…. Ci tocca “. ( Allora l’oratorio non c’era e l’unico spazio era la casa parrocchiale)…. Per lui si prospettava una notte insonne la fatica era evidente, ma più evidente era la gioia di vederci così entusiasti e consapevoli pronti a modellarci a ciò che era stato voluto per noi.
Il suo modo di vivere era così “oggettivamente” bello che nel momento in cui lui è venuto a mancare, sono diventate per noi chiare le parole del Vangelo: “ Occorre che io vada perché voi capiate”.
Perché è allora che abbiamo dovuto fare i conti con noi stessi e con il bisogno che avevamo di andare al fondo di ciò che in lui abbiamo visto. A noi è sembrato un tempo di abbandono e solitudine in realtà eravamo il centro della sua attenzione e siamo certi che assieme al suo “Caro Signore” e San Paolo stava scegliendo per noi don Remo. Ha scelto per noi un altrettanto cuore grande capace di accoglierci con il nostro fardello di incertezze e paure. Ci ha rassicurato, incoraggiato e rilanciato verso quel ’intuizione che abbiamo avuto, che c’è la possibilità di essere felici ma solo vivendo da uomini e mettendo al centro di ogni cosa Cristo. Ed è così che è iniziato un rapporto personale con don Remo e di gruppo con il Movimento e ancora una volta sono ritornate alla mente le parole di don Angelo quando voleva farci capire la bellezza e l’importanza della compagnia nella Comunione dei Santi. Il desiderio che abbiamo di essere felici ci ha spinto a metterci in gioco e così insieme ad altri amici abbiamo iniziato il banco alimentare che è un gesto di caritativa molto piccolo che per ora richiede solo poche ore del nostro tempo durante la settimana ma ci chiede di lasciare le nostre cose per trovarci in un luogo preciso , in un momento preciso per volgere lo sguardo verso i più bisognosi e aprirci il cuore ad accogliere tutti per farci dire: abbiamo bisogno di Cristo. Unico progetto è non porre limiti perché lo Spirito agisca, darci l’opportunità di poter ripetere ancora : “ lasig fa dul Signor “ e nei momenti difficili poter elevare un sospiro dicendo: “ Caro Gesù”.
Anna