Via Crucis di tutti noi – 7a Stazione

disegni e foto di Gianfranco Battistella (Via Crucis per il Monastero delle Trappiste Nostra Signora della Moldava -Arcidiocesi di Praga- Repubblica Ceca)

Settima stazione: seconda caduta.

Sfinito a causa della strada che resta da percorrere.

Simone di Cirene fa del suo meglio, ce la mette tutta. Nonostante ciò, Lui non riesce più a reggersi, ogni passo richiede uno sforzo immane, ogni pietra diventa un ostacolo insormontabile, una trappola micidiale. Cade ancora.

Non è soltanto il peso della strada percorsa, della notte angosciosa, ma la prospettiva, terrificante, di tutto quello che lo attende, del cammino che resta da compiere.

Credo di capire come, nei secoli, ai margini del dato evangelico, si sia sviluppata una specie di devozione popolare alle cadute di Gesù.

E’ la nostra esperienza quotidiana. Il nostro barcollare incerto. Le nostre ricadute. La nostra volontà addormentata. I nostri entusiasmi raffreddati. I nostri slanci che, a poco a poco, si sono affievoliti, spenti, quasi pietrificati. Gli occhi appesantiti, che non riescono più a scorgere orizzonti sufficientemente spaziosi. Il piccolo cabotaggio nelle paludi della meschinità. Il bighellonare nelle zone dell’insignificanza.

Cristo porta il peso della nostra debolezza, della nostra fiacchezza.

Porta il peso del nostro peccato di abitudine.

Dio non riesce a stare al proprio posto, ad accontentarsi del cielo. C’è una forza di gravità che lo attira alla terra. Ed “esce fuori” dal suo Paradiso, nomade ostinato, clandestino senza fissa dimora, attraversa i nostri deserti sconsolati, facchino che porta il peso della nostra debolezza, della nostra fiacchezza, del nostro vuoto.

Ora è steso sulla polvere, il volto ammaccato, quasi macinato dai sassi.

Eccolo “sparso” – preziosa semente – sul terreno arido, il suo “soffio” sull’argilla, come il giorno della creazione …

Dio cade una seconda volta. Dio cade come la pioggia sulle rughe del deserto. Le pietre fioriscono in prato. Il silenzio di fa giardino …” (J. Debruynne).

… E la salvezza viene da questo Dio che le gambe non reggono più.

E noi ci rialziamo grazie a Lui, che stramazza pesantemente a terra.

Comunque, anch’io ho provocato questa caduta. Con la mia incapacità a dare un significato alle “solite cose” che caratterizzano l’esistenza quotidiana. Ripetendo gesti meccanici, senz’anima, senza spontaneità, senza adesione interiore.

Coi miei piagnucolamenti perché mi sento trascurato, messo in disparte, non compreso.

Con la mia pavida accettazione di determinate “situazioni di fatto” poco limpide, per amore di quieto vivere e per non avere fastidi.

Con la mia rassegnazione, che interviene prima ancora di aver tentato qualcosa…

Con la perdita di ogni capacità di indignazione dinanzi all’ingiustizia, alla sopraffazione del potente e del prepotente sul debole.

Preghiera.

Gesù, guariscimi dal contagio dell’abitudine, dalla tentazione della stanchezza.

Che il mio dono abbia sempre la freschezza e la spontaneità del primo giorno.

Che la mia fedeltà non sia stanca e rassegnata replica del passato, ma creatività, novità, sorpresa, gioia di inventare l’avvenire, anticipare l’aurora, camminare sul ritmo della speranza.

Voglio re-inventare, giorno per giorno, il significato del mio impegno per Te e per i fratelli.

Gesù, non ho nessuna intenzione di invecchiare per forza d’abitudine.

E … fammi cadere nella tentazione di essere sveglio.

Così sia.

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