Via Crucis di tutti noi – 11a Stazione

disegni e foto di Gianfranco Battistella (Via Crucis per il Monastero delle Trappiste Nostra Signora della Moldava -Arcidiocesi di Praga- Repubblica Ceca)

Undicesima stazione: Gesù crocifisso

Dio è immobile

Non possono sussistere dubbi.. i chiodi sono veri chiodi. E penetrano nella carne, squarciano i tendini, tritano le ossa. E il dolore raggiunge picchi insopportabili. Una cosa atroce, non una “sacra rappresentazione”.

Il posto più adatto per i chiodi non è nel palmo delle mani, i cui tessuti si lacerano facilmente, ma nel polso.

Comunque pare venisse sistemato un pezzo di legno fra le gambe, in modo da sostenere il peso del corpo. Alcuni padri accennano a questo sedile e vi scorgono il simbolo di una cattedra o trono. Probabile ci fosse anche un supporto sotto ai piedi.

La morte sopravveniva, magari dopo giorni di torture lancinanti, per sfinimento o soffocamento.

La vittima, nuda, impossibilitata a compiere il minimo movimento, era sottoposta alla sete più tormentosa, agli insetti, agli avvoltoi, oltre che ai dolori più strazianti. Qualche volta nemmeno i carnefici resistevano a quello spettacolo barbaro, e “finivano” il disgraziato con un colpo di lancia oppure fracassandogli le gambe.

Lui offre le mani che sono sempre state colme di semente e si sono posate su tanti malati.

Offre la propria carne, come l’ha già donata la sera precedente, durante la cena. Carne palpitante, che viene squartata, orribilmente dilacerata.

E’ il momento in cui l’agnello di Dio viene scannato al mattatoio.

Forse i nemici temevano che, come un uccello, s’involassse verso il cielo. Per questo gli hanno inchiodato le ali sul legno. Ma Lui è venuto per restare, per toccare il fondo (e i bassifondi) della condizione umana, non per fuggire.

Anche il sole impallidisce di fronte a questo spettacolo efferato e poi si nasconde, quasi per non farsi complice dei carnefici offrendo la sua luce.

Come un giardiniere, Lui si è portato in spalla il suo albero secco. L’ha piantato proprio qui, nel “suo teschio”, giardino desolato e perfino macrabo, immondezzaio di ossa.

Ora è innalzato tra terra e cielo e non è più pianta secca. Grazie a una linfa rosseggiante, è diventato albero vivo, con in cima il suo frutto.

Pare che tra Dio e l’uomo debba esserci sempre di mezzo un albero.

A quel legno è sospeso il cesto del pane, il boccale del vino. A disposizione di tutti. Ancora una volta Dio ha preparato una mensa nel deserto. “Prendete e mangiate”.  “Bevetene tutti”.

Dio è immobile, paralizzato da quattro chiodi. Ma le sue mani restano aperte. E le braccia sono spalancate in uno smisurato gesto di benedizione che abbraccia tutti, compreso quelli che hanno picchiato col martello, compresi i due malfattori che gli si sono stati trapiantati accanto.

Dio è immobile, ma il dono non può essere arrestato. Così come non può essere bloccato il sangue che sgorga da quel corpo diventato un’unica piaga.

Dio è immobile. Ma si ha l’impressione che prenda l’avvio, dai punti più diversi della terra, una immensa processione, attirata irresistibilmente da quella bandiera di sangue.

Preghiera

Gesù dammi il coraggio di puntare tutto esclusivamente sulla forza della debolezza e sulla stoltezza della croce.

Devo smetterla di considerarmi importante, se voglio portare qualcosa ai fratelli. Devo smetterla di agitarmi troppo. Devo smetterla di sentirmi indispensabile.

Inchiodami sulla croce della povertà, del nascondimento, della debolezza, dell’inutilità, della non appariscenza.

Così sono sicuro di non girare rumorosamente a vuoto.

E già che non abbia mai a chiudere le mani e a restringere l’ampiezza delle braccia.

Amen.

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