
L’ultima domenica dell’anno liturgico è consacrata alla regalità universale di Cristo Signore.
Il Vangelo ce lo presenta come il giudice di ogni creatura. La scena grandiosa del giudizio universale, però, se da un lato ci conduce a pensare alle possenti immagini di Michelangelo della Cappella Sistina o alle terribili note del “Dies irae”, dall’altra non deve indurci a considerare in modo tutto umano la regalità di Cristo.
Questo re, giudice possente, infatti, fa delle affermazioni precise e “strane”. “Ogni volta che avrete fatto qualcosa ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Egli si identifica con i più piccoli, con gli affamati, con gli assetati, con i carcerati, con coloro che sono senza vestito, con i drogati…….
E io so che, se voglio incontrare oggi questo re universale non devo scrutare le nubi della gloria, ma devo andare per le strade, tra i poveri, tra i sofferenti.
Siamo, così, nuovamente davanti al mistero di questa strana regalità, che vive sotto l’apparenza contraria, perché si rivela nel povero, nel sofferente, nella croce.
Il nostro Re, che alla fine dei tempi manifesta la Sua gloria, oggi sta in mezzo a noi, incoronato di spine, sul trono della Croce: e questi sono i segni più veri della Sua Regalità.
Nelle disgrazie altrui impara questo: a chi ha bisogno dà qualcosa; non è poco, infatti, per chi manca di tutto! E se non hai nulla da dargli, piangi con lui. La compassione, per chi ha l’animo colpito dalle grandi disgrazie, è un grande sollievo.
O tu ritieni che la benevolenza non sia necessaria per te, ma libera? Che sia consiglio invece che una legge? Mi spaventa quella mano sinistra ed i capri che Gesù condanna non perché hanno rubato nelle Chiese, non perché hanno commesso adulterio o hanno fatte cose vietate, ma perché non si sono curati di Gesù nei poveri.
Perciò, se ritenete di dovermi ascoltare in qualche cosa, visitiamo Cristo, nutriamo Cristo, vestiamo Cristo non con gli unguenti come Maria di Magdala né soltanto al sepolcro come Giuseppe d’Arimatea, né con le cose che riguardano la sepoltura come Nicodemo che amava Cristo solo a metà, né con l’oro, l’incenso e la mirra come i Magi, ma donando la nostra vita, il nostro tempo, le nostre energie a coloro che questo mondo disprezza perché piccoli e poveri.
Allora essi ci riceveranno in cielo nella Gloria che è il Suo Amore.
Don Angelo