
Pubblicato su “Un popolo in cammino” – giugno 1997
Ciascuno di noi vive un’esperienza familiare. La famiglia è la condizione umana che più ci fa stare insieme in una comunanza. Bisogna chiedersi che cosa è la famiglia? La definizione che il Concilio Vaticano dà è quella di: “intima comunità di vita e di amore“. Al di là delle riduzioni della famiglia, per cui anche il singolo è famiglia, è necessario ritornare all’immagine naturale della famiglia che si ha quando un uomo e una donna si mettono insieme in un rapporto reciproco di fedeltà sponsale che giunge a mettere in comune tutta l’esistenza di un’unione così profonda che giunge fino a quel supremo atto che è l’amore coniugale che può diventare feconda cioè generare figli.
L’elemento fondamentale perché si abbia una famiglia è dunque l’unione sponsale per cui se si incrina un rapporto tra marito e moglie l’esistenza stessa della famiglia viene messa in discussione. Se ciò è vero, questa unità vissuta con stabilità, crea un soggetto nuovo. La famiglia è per prima cosa un soggetto cioè una realtà che è espressione della somma degli interessi dei suoi singoli membri. Il Papa non si stanca mai di dire che la famiglia è un soggetto portatore di diritti e di doveri. Il Concilio Vaticano nel 1983 scrisse una carta dei diritti inviolabili della famiglia e che come tali non possono essere sottratti. Chi va contro i diritti della famiglia va contro la famiglia stessa.
La famiglia va intesa non solo come estensione del mondo del singolo, ma come comunione di persone. Per questo diventa il luogo originario delle relazioni e delle esperienze fondamentali che segnano la vita di una persona nella profondità per cui uno ne rimane indelebilmente colpito. La famiglia quindi è il luogo dell’esperienza e prim’ancora della nascita. Un uomo infatti non nasce per un incontro casuale tra un seme maschile e un ovulo femminile ma all’interno della stabilità del rapporto tra un uomo e una donna che vogliono essere una famiglia.
La famiglia per noi è il luogo della gratuità. In essa infatti non ci sono rapporti mercificati, non si sta insieme per un vantaggio. Un padre non va a lavorare per arricchirsi, ma perché sua moglie e i suoi figli hanno bisogno del suo lavoro.
La famiglia è anche il vero luogo della libertà perché solo in essa i rapporti non sono segnati dall’ostilità ma dal riconoscimento di un comune destino.
La famiglia è il luogo dello scambio intergenerazionale, perché in essa il bambino acquisisce il senso della storia e della tradizione.
La famiglia è il luogo dell’appartenenza perché un uomo avverte di appartenere a una storia che lo precede. In questo senso si può dire che la famiglia è la prima grande risorsa del nostro essere umano: risorsa di relazioni, rispetto, possibilità di dialogo, amicizia, affetto.
Tutto questo definisce la famiglia o quello che la famiglia dovrebbe essere sull’onda dell’affermazione del Papa che dice: “famiglia diventa ciò che sei“.
Se si va oltre le apparenze e i litigi che avvengono in famiglia, si comprende che la famiglia è il più grande dono che Dio ha dato. Ecco allora che bisogna avere più rispetto, stima, gratitudine per l’esperienza familiare che ciascuno vive, qualunque essa sia, anche in un momento di particolare difficoltà.
Dice il Sinodo: “in quanto frutto e segno del loro amore paterno e materno, il compito educativo dei figli appartiene in modo nativo, originale e imprescindibile ai genitori. Esso si configura come un vero e proprio ministero, cioè un dovere, legato al sacramento del matrimonio“.
Educare i figli non è un fatto facoltativo. La famiglia non può e non deve rinunciare mai al suo compito educativo. la famiglia è fatta per questo al punto che il Papa dice: “nell’atto educativo i figli sono aiutati a crescere cosicché l’educazione si configura come la continuazione della generazione“. Se un genitore viene meno al suo compito educativo, tradisce i suoi figli.
Il teologo milanese Don Giuseppe Angelini definisce l’educazione “l’insieme degli atti mediante i quali i genitori rendono ragione ai figli della promessa che hanno fatto loro mettendoli al mondo“. Nessuno di noi è venuto al mondo perché qualcuno gli ha chiesto il permesso, ma ciascuno di noi si è trovato addosso la vita come dono. Per questo ognuno deve trovare le ragioni del suo essere al mondo e l’educazione aiuta a trovare la strada e a rispondere alla vocazione a cui tutti gli uomini si sentono chiamati. L’educazione, in questo senso, può essere intesa come introduzione alla realtà.
I genitori hanno un compito importante che è quello di guidare i loro figli a compiere i primi passi nella realtà per viverla non come qualcosa di ostile ma come una possibilità per sè di autorealizzazione. È importante in un rapporto coniugale intendersi sul modo in cui affrontare il dovere educativo verso i figli. Troppo spesso infatti si affida agli altri il compito di insegnare la via ai propri figli perché non si hanno sicurezze. Invece non bisogna essere timidi nel proporre qualcosa di veramente valido. Non c’è un’educazione senza una certezza radicale di una positività che a noi è già dato di sperimentare e di seguire. Chi non ha stima dell’esistenza e delle ragioni che spingono il suo essere venuto al mondo, non può educare nessuno. L’educazione non parte dal dubbio: esiste un progetto educativo la dove vi è una certezza.
L’educazione è la comunicazione di sé e della propria vita prim’ancora che di discorsi e di teorie. I figli non imparano da un discorso o da una predica ma osservano che cosa sta a cuore a un genitore, per che cosa è disposto a sacrificarsi.
Vale per l’educazione la frase evangelica che dice: “la dov’è il tuo tesoro lì è il tuo cuore“.
I regista Pasolini scrisse: “se qualcuno ti è entrato, non può averlo fatto che con il suo essere“, cioè quello che noi trasmettiamo sul piano educativo è semplicemente ciò che noi siamo. Se i genitori sono trasparenti con i figli allora il processo educativo diventa davvero quello che deve essere cioè l’incontro di due libertà: quella dell’adulto e quella fragile di chi viene educato.
Quattro sono i fattori fondamentali del metodo educativo, fermo restando che educare e testimoniare ciò in cui si crede.
1- REALTA’ STESSA: educare è introdurre alla realtà per cui tutto ciò che educa è la realtà. Il genitore deve porre attenzione a tutte le domande che naturalmente un figlio si pone senza la pretesa di avere una risposta pronta a tutto. Dal punto di vista pedagogico si sviluppa una pedagogia dell’attenzione. I figli devono essere abituati ad aprirsi a tutto, a non censurare le domande, i desideri, i sentimenti che hanno dentro di loro.
2 – AUTORITA’: non va confusa con l’autoritarismo. L’autorità e ciò che aiuta la crescita e fa capire che la verità di ciò che è stato proposto è stabile e continua. L’autorità è la garanzia che l’ipotesi con cui si entra nella vita rimane, è la certezza che c’è qualcosa di stabile che permane oltre ogni delusione, è infine un sostegno che non svanisce di fronte alle difficoltà.
3 – TRADIZIONE: è il ricevere, da chi precede, il senso dell’esistenza in modo che lo si possa trasmettere a chi viene dopo. È, per così dire, il passaggio del testimone di generazione in generazione. Senza un radicale accordo col passato non si va avanti perché sul nulla non si costruisce nulla. Il valore per cui vale la pena di vivere non lo inventiamo noi ma lo troviamo perché lo riceviamo da qualcuno che ha vissuto prima di noi.
4 – VERIFICA: un fenomeno educativo non può stare in piedi senza la verifica; un genitore non può imporre al proprio figlio senza aiutarlo a comprendere la bontà della proposta e, comunque, deve lasciare che il figlio provi e faccia le sue verifiche. Perché ci sia un fatto educativo occorre che ci siano persone adulte. L’adulto infatti ha imparato a non sentirsi estraneo alla realtà e che c’è in essa un senso per cui vale la pena di vivere.
Un punto molto importante è che la famiglia non deve essere lasciata sola perché essa non è autosufficiente ma ha bisogno di essere inserita nella vita di un popolo. Se, al contrario, la famiglia viene abbandonata di fronte al dovere educativo essa da più grande risorsa di umanità rischia di diventare la tomba dell’amore, la fine di tutti i desideri.
Dice il Papa: “va sottolineata l’esigenza di una particolare solidarietà tra le famiglie che può esprimersi attraverso diverse forme organizzative come le associazioni di famiglie per la famiglia“. La famiglia cresce se è capace di rapportarsi ad altre famiglie e di vivere una comunione più grande che è quella di un popolo. Anche il sinodo condivide questo discorso quando dice: “le famiglie sono chiamate a mettersi insieme e a dar vita a una comunità di famiglie perché questo aiuta a crescere nella consapevolezza della propria identità familiare“.
Bisogna uscire da una concezione borghese per cui l’orizzonte della famiglia finisce dove finiscono le quattro mura di casa e aprirsi all’incontro con l’altre famiglie per compiere un cammino verso la verità, verso il senso ultimo dell’essere famiglia che la comunione stessa tra le famiglie.
Don Angelo