
Pubblicato su Un popolo in cammino – maggio 1993
C’è un culto Mariano che fa parte della gioia cristiana e ne è una espressione. Forse è bene ricordare che nessuna dottrina pone in primo piano la gioia come il Cristianesimo. Questo, infatti, si fonda sulla redenzione; anzi, il Cristianesimo è la Redenzione.
Lo scopo del cristianesimo non è quello di rivelarci la dottrina della Redenzione, ma di operare la Redenzione. Il vero cristiano vive entusiasticamente perché nulla è più entusiasmante della certezza di sapersi amati da Dio, salvati da Lui e partecipi della vita divina.
Ma il Cristianesimo è anche realista, prende l’uomo con me; inserisce nel divino tutta la realtà umana; incorpora nella gioia perfino la sofferenza e la morte. C’è, forse, un grido di trionfo più meraviglioso di quello di San Paolo: «Dov’è, o morte la tua vittoria?», grido ripreso dalla liturgia dei defunti. O c’è un esclamazione più rigorosa di quella della Chiesa il Sabato Santo: «o felice colpa»? Bastano questi testi per mettere in evidenza il posto della gioia nel Cristianesimo, che è la vittoria di Dio su ogni cosa: sul diavolo, sul male, sulla sofferenza. L’opera fondamentale di incorporazione della sofferenza nell’amore, sintetizzata nella Passione, è, forse il capolavoro insuperato del Cristianesimo.
Come hanno potuto certi cristiani, offrire un’immagine triste della vita, e come ha potuto scrivere Nietzsche: «dovrebbero cantarmi canti migliori per convincermi a credere nel loro Salvatore; i suoi discepoli dovrebbero avere un’aria più giuliva» senza far ridere cordialmente? Questo è un problema storico che non dobbiamo esaminare qui; ma il culto triste della Madonna rientra precisamente in questo problema. Comunque, il Cristianesimo autentico è dominato dalla gioia della vittoria e dell’amore. Il Cristo è vincitore. Il sentimento dominante del culto cristiano è l’ammirazione, la riconoscenza, la gratitudine, la gioia.
«Tutta bella sei, o Maria», dice la Chiesa a Maria. Dio è il Salvatore e il Salvatore è venuto per mezzo di Maria. Perché non riflettere su Maria quello che proviamo per Gesù? Il secolo XX ha visto un grande sviluppo della teologia Mariana. È naturale che gli uomini di dottrina desiderino portare il loro contributo a questo movimento ma la pietà va oltre il ragionamento. Il solo titolo di «Madre di Dio » fa, in certo modo, zampillare tutto il culto mariano: «Madre di Dio, Madre nostra». Quando, poi, la si proclama Benedetta fra tutte le creature, non si dice, forse, la stessa cosa? Tra le due affermazioni c’è una dolce armonia. E tutto questo deriva da un’intuizione piena di meraviglia. IL PRIMO MOVIMENTO È LA GIOIA, GIOIA PERCHÉ C’È AL MONDO UNA CREATURA PIENA DI GRAZIA, BENEDETTA FRA LE DONNE, COME È LA MADONNA.
E Lei è quello che è perché il Signore è con lei perché è Gesù, frutto benedetto del suo seno, è benedetto. Quanto è squisita la delicatezza di questa espressione! Ad essa si aggiunge dopo tutte le lodi di cui è la vera spiegazione. «Ave Maria piena di grazia; il Signore è con te …». Non si dice che lo è in maniera particolare «tu sei benedetta fra le donne»; qui si sottolinea il privilegio di Maria e, subito dopo viene ciò che è l’anima di tutto: «Gesù frutto del tuo seno, è benedetto». Anche qui non si dice che Egli è benedetto più di ogni altro. Sì, Lei è Madre di Dio, e Madre nostra: ecco la grande gioia. La liturgia e piena di tale gioia. Quando la Chiesa si rivolge a Maria per esprimere i suoi sentimenti, è proprio questo che esplode innanzitutto: «Salve Regina, Madre di misericordia, vita, dolcezza, speranza nostra, salve ». La speranza e la misericordia non sono escluse, ma sono inserite in un insieme nel quale la lode occupa il primo posto.
“Ave Regina dei cieli,
Ave Signora degli apostoli,
Ave origine di ogni bene;
porta da cui è venuta al
mondo la salvezza.
Godi, o Vergine gloriosa,
bella più di ogni altra,
noi ti salutiamo, o tutta bella!
E prega Cristo per noi”.
I cristiani conoscono queste parole; io le cito non solo per il piacere di ripeterle, ma anche per sottolineare il carattere, perché quando un’espressione c’è diventata familiare, noi la ripetiamo meccanicamente senza porci nessuna domanda. Ora, spesso avviene che, ripetendo le stesse formule, si aggiungono inavvertitamente nuovi elementi, di ispirazione diversa, occasionale o del momento. È, insomma, la regalità universale di Maria. In ogni caso, però, la lode occupa il primo posto.
Siamo nel mese di maggio, mese dedicato a Maria. Occorre imparare da Lei l’umiltà:
«HA GUARDATO L’UMILTÀ DELLA SUA SERVA »
Cioè di chi si è messa a disposizione del grande progetto redentivo del Padre.
Occorre riconoscere la nostra grande dignità che attraverso Maria e suo figlio Gesù il Padre ci ha ridonata:
«HA FATTO DI ME GRANDI COSE »
Occorre permettere a Dio di entrare nel nostro cuore. Lui vi entra se gli apriamo
«ECCO LA SERVA DEL SIGNORE, AVVENGA
IN ME QUELLO CHE LUI DESIDERA ».
E in questo cammino sappiamo che Maria c’è sempre madre, quando ci sono momenti belli e quando ci sono momenti tristi e difficoltà.
Ti chiediamo, Maria, ti esserci sempre madre e di offrirci al mondo come hai offerto Gesù per la salvezza di ogni uomo.
Don Angelo