
Pubblicato su Un popolo in cammino – maggio 1991
“Signora, qual è stata la sua parte nell’educazione dei suoi figli”.
“ Non so nulla…”
“Ma lei ha agito in un certo modo, ha usato dei mezzi… E’ forse un segreto?… In che modo i suoi figli sono diventati buoni cristiani e si sono fatti delle posizioni onorevoli?… Sappiamo che ha attraversato momenti terribili nella sua vita e avrebbe potuto scoraggiarsi mille volte…”
“Lei dubita della Provvidenza?”
“Io so che il Signore ha comandato ai venti e calmato la tempesta, ma se lei non avesse vigilato, il naufragio sarebbe stato inevitabile…”
“Vigilare significa pregare molto”.
“Ma questo non basta… immagino che lei non passasse tutto il giorno con le braccia incrociate o inginocchiata in Chiesa…”
“Quando mio marito morì e io rimasi sola con dieci figlioletti di cui il maggiore aveva quindici anni, avevo delle risorse molto modeste e allora dovetti prendere subito delle gravi decisioni…”
“Qual è stata la prima?…”
“Ho fatto l’esame di coscienza… Esaminandomi vidi quanto fosse urgente riformare me stessa, cambiare la mia vita, diventare migliore, perfezionarmi… Mi misi all’opera e da allora ho continuato”.
“E’ tutto?… Che cosa ha fatto per i suoi figli?…”
“Nient’altro… Io ho lavorato in me e Dio ha lavorato in essi…”
Perfezionandosi, questa madre perfezionava in se stessa l’educatrice e acquistava quelle virtù che sono indispensabili al suo compito.
(R. Beach: “Noi e i nostri figli”)