“Io santo? Impossibile!” 

pubblicato su Un popolo in cammino – novembre 1997


“Io santo? Impossibile!“. Provate a chiedere a un ragazzo cosa pensa della santità e soprattutto se la pensa riferita se stesso e, con molta probabilità, riceverete una risposta del tipo: “non penso proprio di esserci tagliato!“. Il fatto è che nell’idea comune dei giovani la santità sembra essere relegata a una realtà ultraterrena, limitata alla devozione dei fedeli davanti agli altari e in questo caso guardata spesso anche con vaghi sospetti di bigottismo e superstizione. Anche quando viene “riportato sulla terra“, il santo è comunque quello dei miracoli, delle apparizioni, quello capace di grandi rinunce e dei grandi gesti. Qualcuno comunque di assolutamente inarrivabile, certamente lontano dalla normalità della vita di ogni giorno. Vai a capo i giovani e la santità, quindi, due mondi lontani e senza dialogo? Apparentemente sì, ma, ci sembra, solo apparentemente. Noi infatti non crediamo per nulla che i giovani d’oggi abbiano poco a che fare con la santità. Più probabilmente nessuno ha mai insegnato loro cosa essa sia.

Pensiamo ai genitori. Basta avere un po’ di dimestichezza con la vita parrocchiale per rendersi conto che la maggior parte dei genitori è molto attenta che i figli abbiano ore a disposizione per la palestra, per la danza, per la musica, per il calcio, e così via, ma quando si tratta di garantire loro un cammino spirituale, una formazione religiosa, l’inserimento nella ricchezza della vita comunitaria, allora l’attenzione cala bruscamente (“ma come, il catechismo ben due ore a settimana!“). Quali cose del bambino o del ragazzo vengono allora recepite come più importanti? E del resto, nella stessa  catechesi, viene forse ricordato con sufficiente insistenza che ognuno di noi è chiamato alla santità e che questa è vocazione di tutti a vivere l’amore di Cristo ricevuto nel Battesimo? E se ciò non accade, come possono i giovani darsi una meta, un obiettivo che non conoscono? Eppure, nonostante queste carenze educative, la gioventù rimane un momento privilegiato, una stagione della vita particolarmente adatta alla risposta all’ invito evangelico: “amate come io vi ho amato“. Basta ascoltare con attenzione e senza pregiudizi i ragazzi stessi per rendersene conto. Un recentissimo sondaggio ha, ad esempio, rilevato che i valori più importanti per i giovani sono l’amore, l’amicizia, la libertà e la solidarietà. Sono risposte importanti, da non far cadere nell’indifferenza. Guardiamoci attorno e capiremo perché. Pensiamo solo come nel mondo di oggi sia difficile per chiunque vivere santamente, vivere cioè con prontezza e coerenza la propria adesione a Cristo: le spinte all’egoismo, al materialismo, alla superficialità sono tante e fortissime; una società basata sul denaro e sul successo ci condiziona continuamente. Essere dei veri cristiani non è semplice. In una società così disegnata, a noi sembra che il buon esempio venga più spesso dei giovani che non dagli adulti. I tanto bistrattati giovani, i “bighelloni“ del sabato sera, gli “sbandati“ con i jeans strappati. Proprio loro. Anche loro. Non è forse è così? La generosità, la sincerità, l’onestà, il senso di solidarietà si possono trovare molto più facilmente tra i giovani che non nel “vaccinato“ e “smaliziato“ mondo degli adulti. I giovani sono però anche i più deboli ed influenzabili, e quindi i più suscettibili a contraddizioni, ma ciò non toglie che il loro terreno ci ricordi proprio il terreno buono della parabola evangelica del seminatore: un terreno ricettivo e generoso. Quanti ragazzi dedicano ore ed ore al volontariato, mostrando così di comprendere l’importanza del donarsi e del condividere gioie e dolori? Quanti ancora, nella semplice vita di ogni giorno, divisa tra scuola, amici e normali occupazioni, riescono a vivere, nonostante il mondo di cui si parlava prima, con rettitudine e con gioia?

Non vogliamo ora dire, cadendo in contraddizione, che i giovani sono tutti dei santi. La santità non è, non può essere semplicemente il far propri dei valori, per quanto buoni essi siano. Sottolineando gli aspetti positivi del mondo giovanile che ci saltano agli occhi, vogliamo solo dire che quella santità così poco conosciuta dai giovani, non è in fondo a loro tanto lontana, non è affatto irraggiungibile.

La santità, potremmo dire, è dietro l’angolo. Ma cosa manca ai giovani per svoltare quell’angolo? Qualcosa senz’altro manca, perché tra i giovani sono tanti, troppi quelli che si perdono, che smarriscono la fiducia in se stessi e negli altri, che mettono in soffitta i valori e abbracciano con energia ed entusiasmo gli aspetti peggiori del mondo moderno. Ma proviamo ad interrogarci con sincerità: a tutti quei giovani quali punti di riferimento sono stati dati? Abbiamo detto che il loro terreno è buono, e lo confermiamo, ma anche il terreno, se non viene seminato bene, difficilmente porterà i frutti desiderati. È inutile che il mondo “ingessato“ degli adulti, spesso nascosto dietro a un cristianesimo di facciata, a un perbenismo vuoto e sterile, sia solo pronto a giudicare. I giovani hanno bisogno di punti di riferimento, li cercano, li desiderano ardentemente, anche quando ti gridano in faccia che non cercano consigli e che vogliono fare da soli. Noi crediamo purtroppo che grandi siano le responsabilità di chi lascia cadere nel vuoto la grande sete di risposte dei giovani d’oggi, di chi li delude e li confonde con falsità, disonestà ed incoerenza. Basterebbe far loro capire che quella voglia di amore, di pace, di giustizia e di solidarietà che essi mostrano di nutrire hanno il volto di Cristo, e i giovani allora capirebbero anche che la santità è proprio lì… Dietro l’angolo, anche nelle piccole cose della vita di ogni giorno.



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