Via Crucis di tutti noi – 2a Stazione

disegni e foto di Gianfranco Battistella (Via Crucis per il Monastero delle Trappiste Nostra Signora della Moldava -Arcidiocesi di Praga- Repubblica Ceca)

Seconda stazione: Gesù porta la croce

Un Dio imparentato con il nostro soffrire.

“Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Golgòta””, riconosce Pilato /Gv 19,17).

Su quel corpo devastato dai flagelli, massacrato dalle botte, si abbatte la trave della croce. La legge impone che il condannato provveda a portare lo strumento del proprio supplizio. Potesse, lo obbligherebbe addirittura a incarnarsi della propria esecuzione, spese incluse.

La croce, per lui, non era certamente un elemento decorativo, oggetto ornamentale, ninnolo prezioso.

Prima di provarla, non immaginava fosse così pesante, insopportabile, impossibile.

Non importa la forma della croce che gli ammaccava le spalle. Quella non era che il “segno” del peso che schiantava il cuore. Nella persona piagata di Gesù, infatti, si aggrumano il dolore e le angosce di tutti gli uomini. Le sofferenze dell’umanità intera premono sul suo cuore. E sulla sua croce si rovescia il peso insostenibile della croce di miliardi di creature.

“Ecco l’uomo!” (Gv 19,5). Ecco l’uomo che prende su di sé il dolore di tutti noi, suoi fratelli. Nessuna sofferenza nascosta dell’ultimo degli uomini gli è estranea, gli viene risparmiata.

Ecco l’uomo! Il suo corpo diventa il ricettacolo del dolore dell’umanità.

Nessuna sofferenza è inutile. Nessuna pena va dimenticata. Tutto viene registrato a suo carico. Per questo la croce di Gesù appare tanto pesante.

Ecco l’uomo! Ecco tuo fratello di sventura.

Ecco il Dio che si imparenta con la nostra sofferenza. Dio non è venuto ad eliminare il dolore umano. Non è venuto ad illustrarci e farci imparare un dotto trattato sulla sofferenza. Non ci ha portato delle spiegazioni teoriche: neppure Lui ne ha … Non è andato a scuola di teologia, Lui. Ha preferito imparare tutto quello che c’era da imparare sull’argomento da quella trave che lo schiaccia. 

Più che darci spiegazioni, ha compiuto qualcosa di pazzamente divino. E’ venuto a condividere, partecipare, prendere su di sé il cumulo dei dolori degli uomini.

Ecco cos’è la croce: il segno, il sacramento delle sofferenze degli uomini che Dio si mette sulle proprie spalle. Il sigillo che si incide sulla carne di Dio. E’ l’urto terribile del dolore umano che va a schiantare il cuore di Dio.

Sulla croce di Cristo nulla viene dimenticato. Vi è “stampato” l’urlo del torturato, la tragedia di chi ha ricevuto la lettera di licenziamento, il terrore della ragazza violentata, la fame dei bambini, la disperazione delle mamme, l’avvilimento del disoccupato, il tormento dei senza casa, la disperazione dei profughi, lo strazio del canceroso, la solitudine del vecchio, la vergogna dell’abbandonata, il lamento e la disperazione di chi è stato stritolato dall’ingiustizia, il pianto di chi non ce la fa più.

Preghiera

Gesù, io non sempre riesco a guardare in alto, allorché sulle mie fragili spalle si abbatte una croce imprevista che mi fa vacillare, mi lascia smarrito e stordito, mi fa protestare e piagnucolare.

Convincimi che non è possibile seguirti, lungo la strada del calvario, da turista, da osservatore distaccato, con le spalle sgombre. 

Senza pesi miei, o degli altri, rimango inesorabilmente inchiodato alla mia mediocrità, alla banalità.

Con Te si può camminare soltanto aggrappati saldamente a quel ruvido arnese che non è mai bello a vedersi.

Gesù, insegnami a sollevare la testa verso l’alto, perché le spalle e il cuore non abbiano a cedere.

Amen.

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